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«28 giorni nella “pancia” dell’America»

22 Novembre 2016

Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni del giornalista legnanese, inviato speciale del Tg1, Marco Clementi, sulle elezioni americane. Lo ringraziamo per un servizio così ricco di dettagli (e di video), che evidenzia un'altra eccellenza legnanese, questa volta nell'ambito della comunicazione. Grazie, Marco.


Caro Marco, rispondo con ritardo alla tua richiesta. Sono tornato da qualche giorno e con un po’ di calma ti mando finalmente quelle considerazioni che mi chiedevi sulle elezioni americane.

Ho avuto l’opportunità di seguirle per la seconda volta. Quattro anni fa, nel 2012, l’esito fu decisamente più scontato: come ricorderai, Obama si aggiudicò facilmente il secondo mandato contro Mitt Romney. 

Anche quest’anno ho potuto raccontarle “on the road”: un lungo viaggio, 28 giorni, nella “pancia” dell’America. Sono grato alla RAI e al TG1 che mi permette di fare giornalismo sul campo e ogni volta ho la conferma che è il miglior modo, secondo me l’unico, di raccontare una realtà sempre più complessa, come dimostra anche il risultato di queste elezioni USA.

Il mio viaggio è iniziato a Park Ridge, sobborgo residenziale e conservatore di Chicago, dove è cresciuta Hillary Rodham Clinton. Da giovane, la futura candidata democratica si impegnò attivamente nella campagna elettorale del candidato repubblicano Barry Goldwater per le presidenziali del 1964 (i casi della vita). A Chicago ho intervistato l’amica del cuore di Hillary: aveva già preparato il regalo per l’elezione…

Poi mi sono spostato in Texas: a El Paso, per raccogliere gli umori dei messicani che da Ciudad Juarez superano il confine per lavorare negli Stati Uniti. Abbiamo filmato il famoso muro che Donald Trump ha promesso di voler prolungare.

Poi a Dallas per il tema sicurezza e scontri sociali. “Black lives matter” contro “Blue lives matter”: le tensioni tra polizia e afroamericani. Dallas è la città dove il 7 luglio scorso al termine della marcia organizzata per protestare contro l'uccisione di due persone di colore, un afroamericano di 25 anni, con un passato nell’esercito, ha deciso di farsi giustizia a suo modo: 5 agenti uccisi, 9 feriti, tra cui due civili.

Poi siamo andati a Ferguson, Missouri, la città di Michael Brown, il giovane di 18 anni ucciso dalla polizia due anni fa. 

Vicino a New Orleans ho incontrato i pescatori della Louisiana, saldamente pro Trump.

In Florida, ho parlato con i latinos, in particolare i cubani di Calle 8, la Little Avana di Miami. Sempre in Florida ho incrociato Hillary Clinton che faceva campagna elettorale a Daytona Beach e assistito al concerto di Jennifer Lopez a suo favore.

A Cleveland, Ohio, altra tappa molto interessante: zone agricole e classe media, bianca, stanca e impoverita. La ripresa c’è stata dopo la crisi del 2008. Ma la disoccupazione fa ancora paura. In questa delusione, Trump ha pescato voti a piene mani. Come in Iowa e Wisconsin. E perfino in Pennsylvania.

Dove ho assistito al finale della campagna elettorale Clinton. Col botto. Sul palco di Philadelphia, il 7 novembre, c’erano Barack e  Michelle Obama, Bill e Hillary Clinton, insieme alla figlia Chelsea. Prima si erano esibiti Bruce Springsteen e Jon Bon Jovi.

La lunga notte elettorale l’ho trascorsa al quartier generale di Trump: 6 ore di diretta per Porta a Porta e poi altre 3 per Unomattina, quando abbiamo annunciato, con i colleghi Tiziana Ferrario e Alessandro Cassieri, che Donald Trump era il 45° presidente degli Stati Uniti.

Nei giorni successivi, il racconto è diventato quello di un’America che si interroga su un risultato che ha spiazzato media e sondaggisti. In alcuni casi, come ha fatto il New York Times, con ammissioni di colpa clamorose e inviti a ripensare il modo di fare la nostra professione. 

La sintesi mi sembra ben espressa da un articolo di Monica Maggioni sul Corriere della Sera di qualche giorno fa: “Tornare al racconto dei fatti e uscire dall’autoreferenzialità” (http://www.corriere.it/opinioni/16_novembre_19/tornare-racconto-fatti-e5e6630a-adc1-11e6-97cf-b67e1016ae14.shtml).

E’ un po’ quello che con i colleghi Stefano Belardini (cameraman) e Andrea Nizzardi (editor) abbiamo cercato di fare nel nostro viaggio “on the road”. Con tutti i nostri limiti.

Nel video i pezzi realizzati per TV7, l’approfondimento del TG1-RAI, che sintetizzano un po’ le nostre scorribande americane.

Un caro saluto.

Marco Clementi

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