Sono passati 36 anni da quando cinque colpi di pistola fermarono per sempre la penna di Walter Tobagi. Un gruppo di terroristi della Brigata XXVIII Marzo non perdonò al giornalista del Corriere della Sera di aver denunciato i pericoli del radicamento del fenomeno terroristico nelle fabbriche e nei  luoghi di lavoro. Ma oggi, a 36 anni di distanza, la voce e il coraggio di Tobagi non sono dimenticati. E Cerro Maggiore, paese che ospita le spoglie del cronista, ha ricordato in mattinata la sua figura.

Alla cerimonia di commemorazione di quest'anno, per la prima volta, oltre a rappresentanti dell'amministrazione e del Corriere, hanno partecipato anche i ragazzi delle classi terze delle scuole secondarie di primo grado Dante Alighieri e Giovanni Paolo II. Gli studenti hanno omaggiato la memoria del giornalista leggendo cosa Tobagi significhi per loro: coraggio e libertà.

Una sorpresa che ha commosso Luciano Micconi, ex segretario di redazione del Corriere e ultima persona del quotidiano a vedere vivo Tobagi. «Mi ricordo pefettamente quel 28 maggio – ha raccontato Micconi -. Mi rimbombano ancora in testa quelle parole "Hanno ucciso Tobagi"». Micconi stava partecipando alla riunione di redazione quando, verso le 11:30, un collega irruppe nella sala e annunciò il terribile delitto. La riunione fu interrotta e «tutto il giornale si riversò in via Salaino, dove Walter era stato ucciso. Rimasi solo in redazione». Micconi aveva incontrato il collega proprio la sera prima. Le ultime parole che Tobagi disse a Micconi furono: «Ci vediamo domattina verso le 11». «Umberto Eco aveva definito il giornalista come lo storico del presente – ha concluso Micconi -. Walter altro che storico! Era una penna d'oro».

«Walter Tobagi – ha commentato il sindaco Teresina Rossetti-, significa molto per Cerro Maggiore: l'importanza del lavoro e di rimanere liberi».