Quantcast

Un legnanese tra i tedeschi: il racconto di Venanzio Scarpa

Grazie alla disponibilità di Polis, pubblichiamo la storia di Venanzio Scarpa, legnanese, autista della Brigade Speer, il cui racconto inedito è apparso sull'ultimo numero della rivista...

Grazie alla disponibilità di Polis, pubblichiamo la storia di Venanzio Scarpa.
Imprenditore legnanese, oggi quasi 90enne, durante la Guerra Mondiale è stato autista della Brigade Speer.
Il suo racconto inedito è apparso sull'ultimo numero della rivista dell'associazione socio-culturale-politica.
Un grazie particolare agli amici Gianni Borsa e Giorgio Vecchio.


Un legnanese tra i tedeschi

A quasi 90 anni conserva una memoria e una vivacità invidiabili. E racconta a Polis Legnano la sua vicenda che, dall’azienda di famiglia in via Resegone, lo porterà prima a Cardano, poi a Novara e Merano. L’amicizia con il comandante Willy Schreck. Fino all’avventuroso rientro in città.

Venanzio Scarpa, classe 1924, è persona nota a Legnano, grazie all’attività per tanti anni svolta con l’azienda di famiglia “Scarpa & Colombo”, specializzata nella costruzione di valvole per motori a scoppio. La fabbrica, situata in via Resegone, offre ancora oggi una piccola curiosità, perché custodisce il vecchio rifugio antiaereo costruito prima della Seconda guerra mondiale. A quei tempi, durante la notte esso era aperto anche alle famiglie del vicinato e tante erano le mamme che volevano portare al sicuro i loro bambini e dormire un po’ più tranquille, per quanto ammassate in spazi ristretti.
Con Venanzio (e con la sua sposa Pinuccia Locati) m’incontro per parlare proprio della Seconda guerra mondiale e della sua particolarissima esperienza personale: lui, infatti, è stato un legnanese in divisa tedesca.

Questa la vicenda.

Tedeschi, fascisti, partigiani: con chi stare?

Nel luglio 1943 – mese fatale per le sorti di Mussolini – il giovane Venanzio viene chiamato alle armi, dopo aver concluso la sua carriera di studente con il conseguimento del diploma di perito meccanico. Grazie alla conoscenza con il gen. Casero, la famiglia (o meglio: lo zio che, dopo la morte del padre per incidente sul lavoro, segue da vicino il giovane Venanzio) ottiene che il ragazzo venga inserito negli elenchi del personale necessario per le esigenze della Regia Aeronautica presso l’Ispettorato leva e matricola di Orvieto. Siamo nell’agosto del ’43, nel pieno dei quarantacinque giorni di Badoglio. Pochi giorni ancora e si arriva all’8 settembre, al disfacimento dello Stato italiano e all’occupazione tedesca. 
Sorta la Repubblica Sociale, per centinaia di migliaia di giovani italiani si pone, prima o poi, un dilemma atroce: che fare? La scelta è davvero drammatica. Sappiamo che moltissimi presero la via della montagna pur di non mettersi al servizio dei nazifascisti (è il caso del martire legnanese Giuseppe Bollini, per esempio), che altri si arruolarono – più o meno convinti e fanatici – tra i repubblichini e che qualcuno preferì scegliere direttamente la Germania.
Venanzio riesce per qualche tempo a rimandare la difficile scelta, perché ottiene una licenza «straordinaria quale operaio presso la ditta Scarpa e Colombo», valida fino al 31 gennaio 1944. È la strada più sicura, visto che il lavoro in fabbrica offre la possibilità di evitare legalmente il servizio militare imposto dai fascisti.
Ma poi? Scaduta la licenza, il problema della scelta si ripresenta. Venanzio non ha molta stima per i partigiani, risentendo della propaganda che li definisce “banditi”, ma neppure per i fascisti, ritenuti troppo fanatici. E quando un amico gli prospetta la possibilità di lavorare con i tedeschi, che a Cardano al Campo e dunque presso la Malpensa, hanno un comando dell’organizzazione Todt (quella preposta alla costruzione di strade, ponti, infrastrutture varie), compie la sua scelta.
Di fatto Venanzio viene poi incorporato nella Nskk-Brigade Speer. Nskk è la sigla del Nationalsozialistisches Kraftfahrkorps, ovvero il Corpo nazionalsocialista degli autisti, che inizialmente ha operato al servizio del partito. Con diversi passaggi, però, il ministro degli Armamenti, il famoso Albert Speer, nel 1941 ha istituito un servizio  da lui controllato, composto da reggimenti motorizzati adibiti al trasporto di materiali, munizioni ecc. Molteplici sono dunque i legami, nella complessa macchina organizzativa, tra queste unità e la Todt, oltre che con la Wehrmacht.
Dal 28 gennaio 1944 Venanzio funge dunque come autista del Nskk e dal 2 febbraio è inquadrato nella 12ma compagnia. Mandato a Novara, è assegnato come autista del comandante di un magazzino: guida una vecchia e scassata “Topolino”, prima di potersi impossessare di una Lancia “Aprilia” sequestrata nella zona del lago Maggiore. Si muove per servizio nell’ampia area al di là e al di qua del Ticino, da Novara a Vigevano, ma anche a Rho.
Con l’avvicinarsi del fronte, sul finire del ’44, la sua unità lascia Novara (che era spesso obiettivo delle incursioni del celebre comandante partigiano Moscatelli) e si trasferisce direttamente in Trentino-Alto Adige: la colonna, preceduta da un autoblindo, fa sosta a Rovereto, rimane qualche giorno presso Bolzano e finalmente arriva alla sua destinazione, Merano. Qui, nella frazione di Maia Bassa, i tedeschi s’impossessano delle caserme lasciate vuote dal quinto Reggimento Alpini e delle villette poste all’interno dell’ippodromo. 
E qui Venanzio rimarrà con il suo comandante fino al termine della guerra.
Questa in sintesi la storia di guerra di Venanzio Scarpa, ricostruita attraverso il suo racconto e i suoi documenti.

Il soldato in tram con l’ombrellino rosa

Ma come si stava con i tedeschi?
La risposta del lucidissimo novantenne di oggi è sicura: si stava bene. Portando la loro divisa, si era trattati alla pari, senza discriminazioni, e si poteva mandare alla mamma lo stipendio, utilissimo in quei tempi. Con il suo comandante Willy Schreck – che Venanzio porta in giro in lungo e in largo – si consolida addirittura un’amicizia che andrà oltre la guerra, come testimoniano le lettere che Schreck invierà a Venanzio anche anni dopo.

Tanti sono gli episodi che Venanzio mi racconta.
Il più gustoso?
Fu la volta che Schreck si fece amica una bellissima donna viennese, giunta a Merano per un breve periodo: l’ufficiale non si fece scappare l’occasione di ospitare l’amante nella villetta a lui assegnata. Un bel giorno, però, arrivò la notizia di un’imminente ispezione e Schreck incaricò Venanzio di far sparire ogni traccia di presenza femminile. Raccolse tutti gli indumenti femminili sparsi per la casa in una valigia, e gliela affidò, con  il compito di portarla altrove. Si dimenticò però di un leggiadro ombrellino rosa. Ed ecco la scena dell’ufficiale che rincorre il suo autista e gli mette in mano il “pericoloso” oggetto. Ma immaginatevi il buon Venanzio che, in perfetta divisa tedesca, gira per Merano in tram con un ombrellino rosa che non è riuscito a infilare nella valigia zeppa di camicette, sottovesti e reggiseni…
Venanzio racconta anche un altro episodio, nel quale ha mescolato paura e generosità. A Merano, per vari lavori, erano impiegati anche prigionieri russi. Una sera il giovane legnanese scopre uno di loro che sta cercando di fuggire dopo aver rubato una matassa di rame: il suo obiettivo è quasi sicuramente scambiarlo con un pezzo di pane. Venanzio si spaventa, reagisce minacciando di usare la pistola Beretta che porta con sé, ma alla fine lascia scappare quel poveraccio. Non dirà nulla a nessuno, prima di raccontarlo a me e ai suoi familiari che lo ascoltiamo con interesse.
Un giorno la vicenda di Venanzio si incrocia con quella di un altro legnanese. Lo informano infatti che non distante da Bolzano è prigioniero un altro legnanese, di nome M. A quel punto Venanzio vuole salvarlo e ottiene dal suo superiore un foglio d’ordini che stabilisce che M. è necessario per la Brigade Speer. Forte di ciò, Venanzio parte per il campo, si presenta, ottiene ovviamente ascolto e può parlare con M., offrendogli questa possibilità di salvezza. Ma M., sospettoso, teme qualche trappola, si rifiuta: Venanzio riparte da solo e M. finirà deportato in Germania.

«Ignoravo l’esistenza dei Lager nazisti»

Finalmente finisce la guerra. Arrivano gli americani anche a Merano e Schreck si dimostra alquanto abile nel cavarsela. In abiti borghesi, insieme a Venanzio, riesce a ottenere un lasciapassare della Croce Rossa Internazionale, per lavorare in soccorso degli italiani che stanno rientrando in condizioni pietose dai campi di prigionia e di deportazione. Poi Schreck sparirà dalla circolazione, passando forse in Svizzera, dove poteva contare su conoscenti e amici.
Venanzio ha ora il problema di tornare a Legnano. Trova fortunosamente un passaggio sul rimorchio di un camion Lancia che parte da Bolzano in direzione Torino. Fino a Milano il nostro giovane se ne sta in mezzo ai pezzi di legno di cui è pieno il rimorchio: materiale che serve per alimentare il motore a gasogeno di cui è dotato il camion. Poi da Milano a Legnano c’è ancora il treno e si è a casa.
Chiedo a Venanzio quali reazioni abbia incontrato a Legnano al suo ritorno: dopo tutto aveva vestito la divisa dell’esercito occupante. La risposta è disarmante: nessuna domanda, nessuna reazione. Forse, penso, gli ha giovato l’essere stato lontano da casa, così che nessun concittadino l’ha visto con la divisa germanica.
Venanzio tiene anche a sottolineare di non aver mai avuto notizia di quel che stava succedendo ad Auschwitz e negli altri Lager nazisti. Anzi, ammette di non aver creduto a chi, alla fine della guerra, gli parlava di Mauthausen piuttosto che di Dachau. Si ricrederà quando andrà personalmente in visita nel Lager austriaco, meta finale di tanti nostri connazionali, anche legnanesi.
Questa è la storia di guerra di Venanzio Scarpa, legnanese, brillantissimo (quasi) novantenne. È una storia diversa dalle tante che conosciamo e anche per questo merita di essere conosciuta e presa per quella che è.

Giorgio Vecchio

Redazione
info@legnanonews.com
Noi della redazione di LegnanoNews abbiamo a cuore l'informazione del nostro territorio e cerchiamo di essere sempre in prima linea per informarvi in modo puntuale.
Pubblicato il 22 Luglio 2014
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore