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Elezioni Quirinale, Alfieri: “Unica strada per preservare il Governo è un accordo tra le forze di maggioranza”

A cinque giorni dall'avvio del voto per il tredicesimo Presidente della Repubblica pubblichiamo la seconda uscita del diario del senatore Alessandro Alfieri

palazzo madama

Varesenews sta seguendo da vicino l’avvicinamento del voto per l’elezione del tredicesimo Presidente della Repubblica (Segui lo speciale Quirinale) anche attraverso le testimonianze di quelli che saranno i protagonisti di quell’elezione: i grandi elettori della provincia di Varese. Questo il “diario Quirinale” del senatore varesino Alessandro Alfieri.


Cinque giorni alla prima chiama. Si inizia lunedì alle 15 e sarò tra i primi a depositare la scheda nell’urna. Inizieranno infatti i Senatori in ordine alfabetico a gruppi di 50, preceduti dai senatori a vita, poi i deputati. Si finirà con lo spoglio dopo le 20.

La disputa di giornata è stata sulle modalità di voto: i grandi elettori in quarantena perché positivi, possono o non possono votare? I quorum, definiti costituzionalmente, potrebbero di fatto essere falsati se il numero dei contagiati dovesse crescere ancora. Scontri mediatici tra costituzionalisti e accese discussioni in aula.

Tema non banale. Se è vero da una parte che nelle elezioni normali è prevista la possibilità per chi è allettato di votare, dall’altra il voto per il presidente della repubblica può essere espresso in unico seggio con un unico scrutinio all’interno dell’aula della Camera dei deputati. Oggi quasi tutti i parlamentari hanno votato per chiedere al Governo di mettere in campo tutte le misure, anche normative, per far esercitare una prerogativa così rilevante. Il governo ha rispedito al mittente, dicendo che decide il parlamento. L’inerzia porta verso la conservazione delle attuali regole: la strada per garantire il voto ai quarantenati è decisamente in salita.

Come lo è quella di Silvio Berlusconi. Indispettito dalla scarsa convinzione degli alleati, dalle continue veline che indeboliscono la sua corsa, ha fatto saltare il vertice tra i partiti di centrodestra. L’operazione scoiattolo affidata a Sgarbi ha certamente tratti folcloristici ma è altrettanto vero che le operazioni di verifica/convincimento che Meloni e Salvini dovevano mettere in campo, non solo non si sono viste, ma nel racconto mediatico sono state sostituite dagli incontri di Salvini propedeutici ad altre ipotesi di candidatura.

Risultato: il centrodestra ancora non si scongela e non risponde, per ora, all’appello del centrosinistra per un tavolo finalizzato ad individuare il nuovo Presidente con tutte le forze che sostengono il governo Draghi.
È la proposta che viene confermata dall’incontro di questa mattina tra PD, LEU e 5 stelle. Prima il metodo: consenso fra le forze di maggioranza; e poi i nomi. Un metodo che sembra condividere anche Italia Viva a leggere le parole di Renzi.

D’altronde è l’unica strada possibile se si vuole preservare la continuità di un Governo di unità nazionale. E i numeri dei grandi elettori lo confermano: con entrambi gli schieramenti politici appaiati intorno ai 450 elettori a testa e in mezzo un gruppo misto tanto lievitato negli ultimi mesi quanto decisamente ingovernabile.

Il centrosinistra ha fatto la sua mossa: decidere insieme una candidatura di alto profilo, non divisiva , di incontro mi verrebbe da dire. Ora la palla sta al centrodestra: accettare di sedersi al tavolo e confrontarsi oppure arroccarsi e farsi trascinare a fondo da Berlusconi.

Alessandro Alfieri

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Pubblicato il 20 Gennaio 2022
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