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Stefano Dell’Acqua (UIL): “Il Paese ha bisogno di un vero cambiamento”

Mondo sindacale preoccupato per la situazione sanitaria, economica, imprenditoriale. L'intervento della UIL nell'imminenza dell'incarico di premier affidato a Mario Draghi

Stefano dell'Acqua UIL Legnano

Con una dettagliata considerazione, Stefano Dell’Acqua, responsabile Ur Uil Ovest Mi-Lo, interviene nel dibattito locale sugli ultimi sviluppi politici nazionali. “La crisi del Paese si trascina da anni e la maggior criticità non si può imputare unicamente ai Governi più recenti, ma arriva sempre il momento in cui si avvicina il punto di rottura che però travolge gli equilibri sociali esistenti e produce danni gravi”, commenta Dell’Acqua, auspicando un vero cambiamento che porti “a una gestione ordinata dall’uscita della emergenza sanitaria tornando ad occuparsi di investimenti pubblici e privati, liberati dalle catene della burocrazia, occupandoci di una proficua politica attiva del lavoro che sappia ottimizzare al meglio tali risorse attraverso un’efficace formazione di riqualificazione professionale”.  Il candidato premier Mario Draghi, l’uomo giusto, quindi, per questo cambiamento? Dell’Acqua non si sbilancia, ma l’ultimo pensiero che coinvolge le figure di Goffredo Bettini  e Palmiro Togliatti svela qualcosa del suo pensiero celato nelle tre cartelle fitte fitte.

Quale sia la conclusione della crisi di Governo, visto il mandato assegnato a Draghi di provare a formare il Governo?
Le forze politiche sociali oltre che acquisire ed impiegare proficuamente fondi europei, dovranno pur cominciare a discutere misure che si potrebbero definire impopolari.
La crisi del Paese si trascina da anni e la maggior criticità non si può imputare unicamente ai Governi più recenti, ma arriva sempre il momento in cui si avvicina il punto di rottura che però travolge gli equilibri sociali esistenti e produce danni gravi.
Il fallimento del progetto di referendum del 4 dicembre 2016 svanisce, l’obiettivo di rendere il Paese più governabile è stato abbandonato e ci troviamo con un taglio discutibile del numero dei parlamentari, con il tentativo di ritornare ad una legge elettorale proporzionale che abbandona la “vocazione maggioritaria” di sinistra e di destra.
Manca una riflessione seria su come uscire dalla situazione di stallo.
La vera convergenza dei partiti e delle forze sociali senza alcuna diversità è quella di varare misure assistenziali indicando Il “Recovery Plan” come risorsa disponibile e non come debito che dovrà essere restituito.
Anche la parte delle sovvenzioni, che pesa sul bilancio autonomo U.E, dovrà essere finanziato dagli Stati membri.
Pur vero è che il PNNR , su cui si basa il Recovery Plan in Italia, prima o poi si farà, si fisseranno obiettivi coerenti con il disegno strategico della U.E, fasi intermedie, si misureranno gli effetti di ogni singola misura sulle priorità e sul quadro dell’insieme, ma oggi il tutto rimane sulla difensiva, non si vedono visioni d’insiemi credibili e capaci di accelerare la ripresa economica che in previsione dei prossimi due anni sembrerebbe rimanere al di sotto del 4% dopo il crollo (8,8%) del 2020.
Non meno preoccupanti sono gli indicatori d’allarme, dello Spred, dei nostri titoli di stato superiori a quelli della Grecia al numero crescente di chi ha perso il lavoro o lo cerca (2.250.000 unità) e più di 3 milioni di cassa integrati Covid in aggiunta ai lavoratori autonomi colpiti dalla crisi.
In preludio dello sblocco dei licenziamenti previsto nel prossimo mese di marzo  cosa fare?
Basta prorogare e riformar la Cassa Integrazione ed i “magri” riscontri? Oppure è anche il momento di una gestione ordinata dall’uscita della emergenza sanitaria tornando ad occuparsi di investimenti pubblici e privati, liberati dalle catene della burocrazia, occupandoci di una proficua politica attiva del lavoro che sappia ottimizzare al meglio tali risorse attraverso un’efficace formazione di riqualificazione professionale-
Gli ultimi due Governi non molto hanno fatto a questo riguardo, se non adottare provvedimenti come quello “Decreto Dignità” che hanno aggravato la situazione.
La maggior criticità che frena lo sviluppo non è l’ammontare del debito pubblico, ma l’insufficiente crescita dalla produttività.
Non si tratta di riproporre strumenti di sfruttamento del lavoro, ma quello di accompagnare in particolare a livello di contrattazione aziendale, la diffusione delle nuove tecnologie con un’organizzazione del lavoro che premi la qualità ed incentivi la crescita professionale.
Un passato recente è stato percorso da due spaventosi conflitti bellici, ma il modo nel quale l’Europa ne è uscita non è stato uguale per tutti gli Stati membri; il primo dopoguerra è stato caratterizzato da rivoluzioni e nazionalismi che hanno distrutto le fragile democrazie ereditata dal secolo passato, il secondo ha vissuto una ricostruzione, pur dolorosa, che però ha dato un futuro anche alle classi più povere, dando libertà e democrazia.
Quest’ultimo è il modello a cui dobbiamo guardare cogliendone gli aspetti più positivi adeguandoli alla realtà odierna.
Il blocco dei licenziamenti nel secondo dopoguerra fu cancellato a prezzi sociali molto alti.
Oggi dobbiamo e abbiamo la possibilità di disporre di risorse e strumenti che rendono meno difficili le modalità del lavoro.
Bisogna fare in fretta, più il tempo passa più sarà difficile garantire un percorso graduale di ricollocamento.
Le forze sociali ed in primo luogo noi sindacato, dobbiamo favorire questo percorso, è urgente invertire la tendenza e non rimanere fermi battendo il passo stando sulla difensiva e scagliarsi contro l’austerità o una probabile cancellazione del debito di stato.
E’ la stessa U.E. a prevedere dal 2023 un rientro al debito pubblico e la riduzione dei disavanzi annuali di bilancio.
A tempi brevi si dovrà cominciare a parlare di politiche attive del lavoro e del riordino degli ammortizzatori sociali, di riforma delle pensioni, di imposte patrimoniali, di revisione degli estimi immobiliari e riduzione delle detrazioni fiscali, ritornerà l’incubo dell’Europa “Matrigna” o si ricomincerà a riflettere su misure selettive per ridurre il debito pubblico ad un livello sostenibile?
L’U.E pone condizioni per il “Ricovery” l’attuazione di alcune riforme che per definizione non possono essere prive di conseguenze.
La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione comporterà acquisizione di nuove competenze professionali ma di conseguenza un esubero del personale.
Sarà possibile governare questo momento attraverso lo strumento del pensionamento?
Il settore scuola ha necessità di un radicale cambiamento sui programmi, sugli ordinamenti e sull’organizzazione dell’insegnamento che non potranno essere garantite solo attraverso nuove assunzioni.
Senza voler entrare in merito ad altre criticità, è evidente che lo scenario è preoccupante e che si potranno ottenere risultati non in tempi brevi, solo con un approccio costruttivo e coerente di tutte le forze politiche e sociali per individuare misure eque ed efficaci.
Evitando un teorico richiamo al governo di unità nazionale o di salute pubblica che dir si voglia e al di là del valore salvifico che si attribuisce alle elezioni è del tutto chiaro che i soggetti in campo sono lontani dal ritrovare quello che in matematica è il Massimo Comun Divisore che consente di un minimo necessario di obiettivi condivisi per tornare a crescere.
Goffredo Bettini che viene considerato l’eminenza grigia del P.D. ha dato una interpretazione della realtà indicando il suo partito come un elefante buono che si porta in groppa alcuni rumorosi suonatori di tamburello.
Questa elegante immagine non è culturalmente lontana da quella che diede Palmiro Togliatti, negli anni cinquanta, quando definì due parlamentari dissidenti del P.C., affermò che anche nella criniera di un nobile cavallo bianco potevano esserci due pidocchi.
Al di la di come l’abbiano presa i potenziali alleati, forse Bettini ha qualche ragione, ma suscita stupore che nel fatto nel ben mezzo di una crisi epocale l’unico partito tradizione sopravvissuto al mediatico “tzunami” giudiziario abbia come priorità, del tutto legittima, il nome del futuro capo del Governo, mentre rimane avvolta nella nebbia una piattaforma politica che indichi il “cambiamento”(le riforme che chiede l’U.E. ) e come si intende realizzarlo.
Pensiero comune con l’Associazione Anna Kuliscioff.

Stefano Dell’Acqua
Responsabile Ur Uil Ovest Mi-Lo

Redazione
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Pubblicato il 05 Febbraio 2021
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