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Estetiste e parrucchieri: “Come facciamo a lavorare stando a un metro dai clienti?”

Se chi lavora ha problemi nel gestire l'attività, c'è anche chi, come i collaboratori sportivi, è fermo e senza alcuna tutela sindacale I CONSIGLI DI CONFARTIGIANATO

Momento di grandi preoccupazioni e profonde tensioni non solo in ambito sanitario, ma anche in campo imprenditoriale. Le restrizioni contenute nei vari decreti ministeriali stanno frenando in maniera robusta diverse professionalità e sale ogni giorno l'ansia per l'immediato futuro. Ma c'è chi non lavora e non si sente tutelato, come i collaboratori sportivi, e chi lavora ma sa di non poter rispettare le imposizioni dettate dall'ultimo decreto, estetiste e parrucchieri.

[pubblicita] "Le misure di contenimento per il corona virus in Lombardia,  stanno colpendo principalmente il settore sportivo, che vede impianti  fermi  da due settimane.  La chiusura non ha causato solo perdite economiche ai gestori o proprietari, ma anche a tutti coloro che ci lavorano. Questo perché, quello sportivo,  è uno dei settori più carenti per quanto riguarda tutele e diritti di chi ci lavora", così si esprime un gruppo di collaboratori in ambito di attività sportive locali, così definiti, spiegano loro, in quanto "non siamo neanche considerati lavoratori e perciò privi di alcun diritto: niente malattie, niente ferie, niente retribuzione se non si lavora".

"Avendo a che fare con centinaia di persone ogni settimana di qualsiasi età, sia in acqua che fuori – spiegano ancora -, siamo soggetti a rischio malattie o infortuni molto più che altri settori lavorativi.  In qualsiasi ruolo noi lavoriamo in ambito sportivo sia personal trainer, assistenti di sala, istruttori di nuoto, bagnini, istruttori fitness, acquagym, allenatori , manutentori pretendiamo finalmente di essere considerati gente che lavora! E di conseguenza avere tutele e diritti come, giustamente, ogni altro lavoratore".

Una richiesta d'aiuto e chiarimenti sulla applicazione del decreto arrivano dal settore dei centri estetici: "Noi come categoria non siamo considerata a rischio, nonostante lavoriamo direttamente sulla gente – scrive una lettrice– . La federazione artigiani ritiene che semplicemente mettendo guanti e mascherine, oltre ad adottare le solite norme igieniche/sanitarie che normalmente seguiamo, dovremmo essere tutelati. Ricordo che non possiamo in alcun modo, stare a più di un metro dalla cliente, altrimenti non potremmo proprio lavorare, e in alcuni casi, nel fare massaggi viso e corpo, l'uso dei guanti non è normalmente previsto. In ogni situazione il nostro lavoro non viene mai preso in considerazione, e talvolta addirittura discriminato".

Preoccupazione condivisa da un salone di parrucchiere: "Chiedo informazioni utili sia per me che per i miei colleghi, visto che non facciamo parte di negozi di prima necessità, su come dobbiamo comportarci in questa situazione visto che noi per primi non abbiamo distanza di sicurezza da altre persone". Informazioni, che possono essere fornite solo dalla associazioni di categoria, ma in fondo già il decreto indica che "sono consentite le attività commerciali a condizione che il gestore garantisca un accesso con modalità contingentate o comunque idonee a evitare assembramenti di persone, tenuto conto delle dimensioni e delle caratteristiche dei locali aperti al pubblico, e tali da garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza di almeno un metro". Il problema, come evidenziato dalla estetista, sta nel metro di distanza, diventato ormai l'unità di misura della salvezza dal virus. Come rispettarlo? 

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 09 Marzo 2020
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