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Il ritratto di Mauro Venegoni nel 73° anniversario dell’uccisione

Giancarlo Restelli e Renata Pasquetto ricordano la figura di Mauro Vengoni e la sua militanza politica per il comunismo

In occasione del 73° anniversario dell'uccisione di Mauro Venegoni, il ricordo del partigiano ad opera di Giancarlo Restelli e Renata Pasquetto.


LE ORIGINI OPERAIE – Mauro era nato nel 1903 in una famiglia di operai molto poveri, come la maggior parte degli operai di quel tempo. I suoi genitori, Paolo Venegoni e Angela Stefanetti, avevano iniziato a lavorare a otto anni: Paolo, garzone di un falegname, aveva un piatto di minestra a mezzogiorno come paga; Angela, operaia al cotonificio Cantoni, per raggiungere i fusi era costretta a stare tutto il giorno in piedi su di uno sgabello.

Mauro aveva un carattere ribelle, sempre pronto all’azione. Era molto intelligente ma non ha avuto la possibilità di studiare: a dodici anni è entrato, volente o nolente, nel mondo del lavoro. C’era la famiglia da aiutare, e lavorare a quell’età, anche se per noi oggi sarebbe scandaloso, allora era la normalità. Anche Mauro, come il fratello Carlo, maggiore di un anno, approda alla Franco Tosi.

L’INIZIO DELL'ATTIVITÀ POLITICA – Il 1° maggio 1917 Carlo e Mauro assistono ad un comizio politico tenutosi a Legnano nel quale l’oratore parlava di quello che stava avvenendo in Russia (caduta dello zar) e dell’esigenza della pace e invitava i lavoratori a costruire un forte sindacato per il proprio riscatto. I due fratelli rimangono affascinati da questi argomenti e si iscrivono al partito socialista, di cui Carlo diviene responsabile giovanile per l’Alto Milanese, diventando entrambi attivisti sindacali e politici anche in fabbrica. Avevano entrambi una carica travolgente ed appassionata che coinvolgeva tutti, tanto che nel settembre del 1920 vediamo Carlo diciottenne e Mauro diciassettenne alla direzione dei grandi scioperi delle fabbriche legnanesi. Carlo verrà per questo licenziato.

L’ADESIONE AL PARTITO COMUNISTA D'ITALIA (SEZ. III INTERNAZIONALE) – Nel 1920 a Legnano ci sono circa 100 iscritti al Partito Socialista. Alla scissione tra comunisti e socialisti con il congresso di Livorno del gennaio 1921, Carlo e Mauro passano al Partito comunista e il 90% degli iscritti legnanesi seguono i Venegoni nella nuova formazione politica guidata da Bordiga e Gramsci.

Nei primi anni ’20 il fascismo prende piede anche a Legnano e Carlo, Mauro e il fratello Pierino, nato nel 1908, sono spesso vittime delle squadre nere: subiscono violenze, botte, olio di ricino. Soprattutto Mauro, che non esitava a passare anche per il centro città, pur sapendo di rischiare maggiormente.

LE PRIME CONDANNE AL CARCERE – Il giovanissimo Carlo nel ’24 fa parte dell’Esecutivo della Federazione milanese del Pcd’I e partecipa nello stesso anno come delegato al V Congresso dell’Internazionale Comunista a Mosca. Vede e parla con i maggiori leader del comunismo internazionale e di fronte al nascente conflitto tra Stalin e Trotsky prende posizione per quest’ultimo.

Nel 1926 al Congresso di Lione Carlo è incaricato di ricostruire il Partito comunista e il sindacato nelle grandi fabbriche del nord. Nel ’27 è alla Fiat-Lingotto di Torino. Arrestato pochi mesi più tardi per una delazione, Carlo verrà condannato per “ricostituzione di Partito Comunista” a dieci anni di carcere, scontati in parte a Portolongone, i primi tre mesi nelle celle d’isolamento della Polveriera. Sono parzialmente interrate, completamente buie, umide, grandi appena più del tavolaccio che serve da letto, acqua e cibo una volta al giorno, un buiolo per wc. Non si esce mai. Più d’uno è impazzito.

Mauro e Pierino nel 1927 vengono anch’essi incarcerati. Il processo ci sarà solo nel 1928 e Carlo si addosserà tutte le colpe della costituzione del Partito a Legnano, così Mauro e Pierino vengono rilasciati per mancanza di prove: hanno già scontato quindici mesi di carcere preventivo.

MAURO E CARLO: RIVOLUZIONARI DI PROFESSIONE – Nel 1930 Mauro emigra clandestinamente a Parigi e lavora alla Citroen, dove lo troviamo a dirigere gli scioperi. Si reca poi a Mosca: è la sua “università”. A Mosca si rende conto della grave involuzione che ha subito il Partito comunista guidato ora da Stalin con repressioni, gulag e carcere per centinaia di migliaia di veri o presunti oppositori. Una cappa di piombo è già calata sull’URSS e Mauro ne vede i segni. 

Torna in Francia. Nel ’32 è arrestato in Calabria, dove era stato inviato dal PCI per promuovere scioperi antifascisti; è condannato a cinque anni. Carlo e Mauro in carcere studiano storia, letteratura, lingue straniere, filosofia, pedagogia, economia. Carlo definirà quella la sua “università”.

Nel 1934 Carlo e Mauro sono liberi a Legnano ma sottoposti a sorveglianza speciale e incarcerati preventivamente ogni volta che un’autorità passa dalle parti di Legnano o di Milano. 
Mauro trova lavoro alla Caproni a Milano.

AL CONFINO É ESPULSO DAL PARTITO COMUNISTA – Il 10 giugno 1940 viene proclamata l’entrata in guerra dell’Italia. Il giorno successivo Carlo e Mauro, da tempo inseriti nelle liste delle persone «da arrestare in determinate circostanze», vengono arrestati e inviati in campo di concentramento: Carlo a Colfiorito di Foligno (Perugia), Mauro a Istonio Marina (Abruzzo). Mauro poco dopo viene trasferito per punizione alle Tremiti in quanto considerato, a ragione, l’ideatore ed il principale attivista di un’organizzazione interna clandestina.

Mauro non rinunciava mai a battersi, nemmeno nel campo di concentramento. Alle Tremiti Mauro scriverà un saggio politico con idee antistaliniste che lo farà espellere dal Partito Comunista e come vedremo la decisione di considerarlo un “traditore” da tenere lontano dal partito avrà pesanti conseguenze sulle circostanze della sua morte.

Carlo riesce a farsi trasferire nel sanatorio di Garbagnate e poi in quello di Legnano, in via Colli di Sant’Erasmo, e il 25 luglio 1943 le cronache dicono che Carlo si è «liberamente allontanato dal sanatorio»: detto in altre parole Carlo Venegoni è scappato e si è dato alla clandestinità. Mauro in quella data era ancora imprigionato al confino: solo dopo parecchie pressioni il governo Badoglio decide per l’amnistia dei prigionieri politici.

ESTATE 1943: INIZIA LA LOTTA NELLA RESISTENZA – A fine agosto 1943 finalmente i due fratelli Carlo e Mauro potevano rivedersi a Legnano. Carlo assume diverse false identità e il nome di battaglia “Dario”. Anche Mauro ha diverse false identità e il nome di battaglia “Landi”.

Nel frattempo i fratelli Pierino e Guido – il piccolino di famiglia, nato nel 1919 – sono sotto le armi, ma l’8 settembre 1943, in seguito all’armistizio, abbandonano i loro reparti e rientrano a Legnano. Finalmente i quattro fratelli sono insieme, per la prima volta dopo anni. Sono insieme e insieme lottano per il comunismo, organizzando in clandestinità la Resistenza non solo a Legnano ma in tutta la Valle Olona.

L’8 settembre sera viene annunciato l’armistizio. Il 9 settembre mattina Mauro e Carlo entrano alla Franco Tosi e Carlo fa un comizio di due minuti per incitare gli operai alla resistenza, alla lotta contro il fascismo e l’occupante tedesco.

LA LOTTA CONTRO LO STALINISMO NEL PCI – I rapporti tra il gruppo Venegoni e il Pci milanese sono molto tesi dopo la richiesta da parte dei fratelli di entrare nel partito. Il Pci togliattiano li accusa di essere dei pericolosi dissidenti, dei “sinistri”, addirittura degli oppositori interni in odore di trotskismo. I fratelli Venegoni accusano i vertici del Pci di subordinazione ai dettami di Stalin, di abolizione del dibattito interno, di devizione burocratica. Soprattutto la polemica cade su Togliatti (anche se non viene mai nominato), accusato di essersi messo dalla parte di Badoglio e di sostenere l’unità nazionale con la borghesia italiana.

Per i fratelli Venegoni distruggere il fascismo e il nazismo non basta. Subito dopo la liberazione dell’Italia il proletariato deve prendere il potere e mantenerlo con la “dittatura del proletariato”. La “vera democrazia” è solo nel socialismo.

Le accuse e le contro accuse sono aspre. Per Secchia “Il Lavoratore” (giornale scritto e diffuso dai Venegoni) «è l’organo dei rottami del putrido sinistrismo italiano e delle canaglie trotschiste»; dall’altra parte sono ribadite le accuse di burocratismo e di sostegno al fascista Badoglio.

In luglio vanno a buon fine le trattative tra il Partito Comunista e il gruppo facente capo ai Venegoni. In quel momento così difficile era importante, nonostante tutto, rafforzare il “Partito della classe operaia”, anche se i due fratelli, Mauro soprattutto, continuano a mantenere alto il livello delle critiche.

MAURO NON VIENE RIAMMESSO NEL PARTITO – Se Carlo, Pierino e Guido sono stati riammessi nel Partito, per Mauro non c’è niente da fare. Quel suo saggio politico scritto alle Tremiti aveva provocato l’espulsione dal Partito. In esso criticava l’involuzione staliniana nel partito sovietico, l'assoluta mancanza di dibattito interno e la miseria della condizione operaia in Russia. Probabilmente criticava con asprezza anche il Patto Molotov-Ribbentrop, ossia l’alleanza Stalin-Hitler dell’estate del ’39.

Il 29 ottobre 1944 in un recapito a Milano in Corso Buenos Aires Mauro Venegoni, in quel periodo comandante di una Brigata partigiana Garibaldi nel Vimercatese, riesce ad incontrarsi col fratello Carlo, da poco fuggito dal lager di Bolzano-Gries in cui era stato rinchiuso dai nazisti in attesa della deportazione oltralpe.

MAURO É SOLO, IL PARTITO L'HA ABBANDONATO – Mauro in quell’occasione si lamenta col fratello dell’isolamento totale in cui lo stava relegando il Partito.

«Mauro era esasperato – racconterà poi Carlo -, l’ho visto in uno stato di esasperazione tale da non saper più connettere: aveva acceso il gas, ché stavamo cuocendo un po’ di riso, poi si è spento il gas e lui è tornato ad aprirlo senza accendere il fuoco e a un certo momento io sentivo la puzza del gas… tanto era esasperato nel raccontarmi la sua vicenda».

Da due settimane Mauro è completamente isolato, senza collegamenti con il partito. Agli appuntamenti non si presenta più nessuno e un compagno gli rivela: «Mi hanno detto di non dirtelo ma te lo dico lo stesso. Ci hanno ordinato di rompere ogni contatto con te perché non sei iscritto al Partito». Carlo aveva tentato ancora di convincere il Pci a riammettere Mauro, ma invano.

Ora Mauro è solo, non può avere la protezione del partito (clandestinità protetta dai militanti del Pci) e questa situazione sarà esiziale nella sua cattura. 

Mentre i due fratelli sono insieme arriva la notizia che è stato arrestato un compagno che conosce il recapito di corso Buenos Aires. Mauro deve fuggire ma vuole agire, far ancora parte della Resistenza: decide di tornare verso Legnano e Busto Arsizio.

LA CATTURA E LE VIOLENZE – Casualmente, il giorno successivo, il 30 ottobre ‘44, viene arrestato e condotto alla caserma della Brigata Nera di Busto Arsizio, ma ha con sé documenti falsi a nome Mario Raimondi. 

Viene interrogato e anche torturato ma a un certo punto uno lo riconosce per quello che è, il
Mauro Venegoni che da tempo vorrebbero avere fra le mani: per lui è finita, le botte e le torture si intensificano; arrivano brigatisti neri anche da fuori Busto. Vogliono sapere dov’è suo fratello Carlo e vogliono informazioni sui partigiani della Valle Olona. Lungamente e orribilmente torturato, Mauro non dice una parola.

LE TORTURE E LA MORTE – La notte del 31 ottobre lo caricheranno su un'automobile e lo scaraventeranno in un fosso a Cassano Magnago, dove ora sorge il monumento meta della cerimonia annuale in suo ricordo. I fascisti lo seppelliranno in tutta fretta col nome falso scritto sul suo documento dando come unica causa di morte i colpi d’arma da fuoco, tacendo tutto il resto e imputando la colpa dell’accaduto a ignoti.

UN COMUNISTA PER L'EMANCIPAZIONE DEL PROLETARIATO – Questo era Mauro: un uomo libero come i suoi tre fratelli Carlo, Pierino e Guido. Un comunista retto, onesto, che dormiva pochissimo perché pensava molto e discuteva di giustizia e di libertà anche di notte, come ricorda il suo amico Arno Covini che visse con lui in clandestinità per un certo periodo a Milano.

Era un comunista internazionalista e lavorava per l'emancipazione del proletariato.

Nel centenario della Rivoluzione d’Ottobre lo ricordiamo con particolare affetto.

Giancarlo Restelli e Renata Pasquetto

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 29 Ottobre 2017
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