21 giugno 1944: la battaglia partigiana alla Cascina Mazzafame
Nel racconto di Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli, un episodio rimasti nella storia della Resistenza legnanese...
Durante i giorni della Liberazione dell’aprile 1945 Legnano è stata teatro di grandi scontri tra i partigiani e le forze tedesche e fasciste ma già in precedenza si era svolta una grande battaglia che aveva visto in azione 250-300 militi fascisti alla Cascina Mazzafame.
Non è un caso che lo scontro sia avvenuto proprio alla Cascina ove ora ha sede il Maniero della Contrada La Flora.
Nella prima metà del secolo scorso la Mazzafame era abitata da contadini che coltivavano i campi circostanti, di proprietà principalmente del Marchese Cornaggia, dei Sesler, dei Piantaniga. Era dura la vita per loro: “Quando uno ha l’acqua da bere e da lavar la faccia è già una gran cosa. E da mangiare. Ma allora c’era né acqua né luce: c’è poco da dire!” ricorda Samuele Turconi.
Alle votazioni del 1929 era stata presentata un’unica lista, il famoso “listone” e le votazioni erano consistite semplicemente nello scegliere il “sì” cioè l’adesione alle candidature proposte dal Governo, dal Partito Fascista, oppure indicare il “no” in aperta opposizione. La grande maggioranza della Mazzafame votò “no” e aumentarono i guai.
Beh, si potrà obiettare, il voto è libero. Ed è segreto. Non dobbiamo dimenticarci del contesto politico dell’epoca: la libertà consisteva esclusivamente nell’aderire al Partito Nazionale Fascista e le schede erano stampate su carta semitrasparente per cui era facilissimo scoprire il voto di ogni singolo cittadino e tenerne conto per eventuali pressioni o ritorsioni. E fu così che molti operai vennero licenziati mentre i contadini della Mazzafame furono bollati di “comunismo”, soggetti a ripetute ispezioni con accuse di tenere illegalmente per sé parte dei prodotti agricoli destinati all’ammasso e conseguente sequestro di derrate alimentari e di fieno per i cavalli dell’Esercito o paglia per i materassi. Persino i bambini a scuola erano discriminati: “Si andava a scuola a piedi – racconta il Turconi – E se faceva caldo ad andare a scuola bisognava tirar fuori le scarpe, cioè… le scarpe… le zoccole! Si doveva arrivare fin oltre Ponzella, a duecento metri dalla scuola, fermarsi a metter le scarpe, se no la maestra Stangherini ti buttava fuori “Figlio di un comunista! fuori di scuola!”. E’ capitato non solo a me: a TANTI, a quelli della Cascina della Mazzafame!”
Allo scoppio della guerra molti giovani della Mazzafame andarono sotto le armi, vissero di persona o sentirono raccontare gli orrori della guerra, la campagna di Russia, la deportazione dei militari italiani da parte dei tedeschi subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. L’Artificiere Bersagliere Samuele Turconi si trovava a Folgaria: “Ci hanno presi tutti, prigionieri. Via qua, via là, via tutto. E poi cosa hanno fatto, quei delinquenti? C’erano soldati di venti-ventun anni, chi ferito a una gamba, anche feriti leggeri, da niente… c’era un tipo di fossato lì contro una roccia, li hanno messi là, trrruuuc li hanno tagliati tutti! Hanno ammazzato i feriti, porco cane! Alla sera, alle undici, undici e mezzo c’era un baccano dentro… portano via tutti gli ufficiali. Li hanno portati a duecento metri, sì o no, trecento metri: raffiche di mitra e grida… Al giorno avanti, tutti in fila, sbrindolati, si doveva andare in Germania. Ho tentato, in due siamo andati, siamo fuggiti.”
C’erano pertanto tutti i presupposti perché si formasse proprio alla Cascina quella che i documenti del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) dell’epoca indicano come la più forte, più audace e meglio armata Brigata Garibaldi della Lombardia: la 101^ Brigata Garibaldi “Giovanni Novara” GAP di Legnano Mazzafame e Gorla Maggiore. I due gruppi partigiani erano uniti nella GAP (Gruppo di Azione Patriottica) sotto il comando di Samuele Turconi (Sandro) con vice-comandante Giuseppe Rossato (Gelo), entrambi della Mazzafame. Era un gruppo poco numeroso, costituito da 40-45 elementi di cui una quindicina i legnanesi. Si occupavano in tutta la Valle Olona delle azioni più rischiose, dei disarmi, dei sequestri di armi e alimenti per i partigiani di montagna, dei deragliamenti dei treni per rendere più difficoltoso l’invio di derrate alimentari in Germania e di militi fascisti nelle zone montuose per i rastrellamenti dei partigiani. Vivevano in clandestinità ed erano soliti essere molto prudenti, pertanto quando capitava che si avvicinavano alla Mazzafame sostavano presso le proprie famiglie solo per qualche minuto. Quella sera del 21 giugno 1944 invece…
Avevano fame e si sono fermati a mangiare qualcosa. Ad un tratto verso le 22.00-22.30 si sente sparare, la Cascina è circondata, ci sono camionette e uomini fino alla via Novara, 250-300 militi fascisti delle Camicie Nere della X-MAS e della PAI giunti da Busto Arsizio in assetto di guerra, armati di mitragliatrici, decisi a stanare quei 15 partigiani. I fascisti passano di casa in casa buttando fuori tutti, donne, vecchi, bambini compresi, ammassandoli contro la chiesetta minacciando di fucilarli e di appiccare il fuoco alla Cascina. I partigiani decidono di non arrendersi e rispondono al fuoco, due di loro vengono feriti: Nino Lepori di Fagnano Olona è grave, gli è stato perforato un polmone, mentre il comandante Samuele Turconi viene ferito ad una gamba da una sventagliata di mitragliatrice. Verso l’alba la battaglia infuria ancora con i partigiani che, armati solo di pistole, hanno quasi terminato le scarse munizioni. I fascisti stanno per appiccare il fuoco al fieno sopra le stalle. Samuele Turconi viene ferito gravemente da una mitragliata anche all’altra gamba e al ventre, non è più in grado di muoversi e si decide di tentare il tutto e per tutto per far fuggire nei boschi il grosso del gruppo approfittando di un varco che si sta aprendo e delle ultime pallottole come fuoco di copertura, dopo di che in quattro ormai disarmati si arrendono e vengono portati a Busto Arsizio insieme a Nino Lepori che è incosciente. Anche Samuele Turconi è in fin di vita. Nino viene ricoverato subito all’Ospedale di Busto mentre Samuele viene condotto in carcere con gli altri tre e solo il coraggioso intervento del Comandante dei Carabinieri fa sì che venga ricoverato all’ospedale, ove viene operato d’urgenza e riesce per un soffio a sopravvivere.
Piantonato in ospedale, Samuele, riconosciuto nel suo ruolo di comandante della GAP, viene ripetutamente interrogato e minacciato e una bara viene messa accanto al suo letto per intimorirlo. Samuele non parla. Angelo Montagnoli, capo delle neocostituite Brigate Nere di Legnano e conoscente di lunga data del Turconi, insieme al brigatista Negrini il 13 luglio pomeriggio gli annuncia con sarcasmo che all’alba del giorno successivo lo avrebbero fucilato in piazza Santa Maria a Busto. Samuele ha 21 anni. Per fortuna i medici che avevano in cura Samuele collaboravano con i partigiani ed hanno avvisato il gruppo legnanese. Una giovane partigiana, la 17enne Piera Pattani si offre di portare un biglietto a Samuele, finge di essere la sua fidanzata e baciandolo gli spinge in bocca un bussolotto. I piantoni la colpiscono duramente col calcio del fucile, la trascinano fuori per i capelli e la sbattono contro il muro, ma ormai Samuele leggendo il biglietto sa cosa faranno i suoi amici: “tentiamo alle 10”. Mentre i compagni di Busto si occupano delle strade attorno all’ospedale un commando armato della 101^ Brigata Garibaldi SAP di Legnano con Guido e Mauro Venegoni irrompe nella stanzetta alle 22.00 e porta in salvo Samuele sulla canna di una bicicletta, legato ad un cuscino perché non era in grado di stare in piedi e muovere le gambe e le sue ferite non erano ancora rimarginate.
Tutta questa vicenda è stata narrata dai protagonisti e trovate le loro parole a questo link: http://www.legnanonews.com/news/1/38935/cascina_mazzafame_21_giugno_1944
Samuele Turconi una volta guarito riprenderà il suo ruolo di comandante della 101^ GAP, verrà nuovamente catturato a dicembre 1944, ancora in seguito ad una delazione, sarà lungamente e duramente torturato da fascisti e tedeschi e ancora una volta non parlerà, incarcerato a Varese ai Miogni e poi a Milano a San Vittore, condannato alla fucilazione in data da definirsi con sorteggio, rintracciato dal Montagnoli che non farà però in tempo a tradurlo a Legnano e fucilarlo perché erano ormai i giorni dell’insurrezione. Il 24 aprile 1945, miracolosamente ancora vivo, verrà fatto fuggire da una guardia nel pomeriggio e tornerà a Legnano per unirsi ai combattenti e riprendere il comando.
Anche il vice-comandante della 101^ GAP, Giuseppe Rossato, fuggito in occasione della battaglia alla Mazzafame, verrà tradito da una delazione a fine novembre 1944: torturato al Circul di Sciuri (dove ora c’è il Bingo in via Alberto da Giussano) e in carcere a Legnano non parlerà, incarcerato a San Vittore a Milano sarà poi fucilato per rappresaglia con altri al Campo Sportivo Giuriati (in piena attuale Città Studi) il 14 gennaio 1945. Aveva 22 anni.
I loro compagni catturati alla Mazzafame, Ugo Bragè, Antonio Casèro e Piero Rìzzoli, verranno incarcerati a Busto Arsizio, poi a San Vittore a Milano e infine inviati nei lager per deportati politici in Germania e Austria, da cui per fortuna fecero ritorno.
Tra i 250-300 fascisti che combatterono alla Mazzafame ci furono una decina di feriti e due o tre morti.
E Piera Pattani? Beh lei, che nonostante la giovane età fin dal 1943 aveva ruoli di grande responsabilità nella Resistenza, da quell’esperienza mutò in parte i suoi compiti: iniziò a “salvare la gente” come dice lei stessa, ad andare per ospedali e fingersi fidanzata di partigiani ricoverati che conosceva o che non aveva mai visto in vita sua per portare loro le istruzioni riguardo all’organizzazione della loro fuga. Un ruolo decisamente inconsueto per una partigiana che definire semplicemente “staffetta” sarebbe decisamente riduttivo. Non è vero?
Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli
Per saperne di più:
VIDEO “La guerra del partigiano Sandro” videointervista a Samuele Turconi: http://youtu.be/2B8MLJfs0Ho
LIBRO Giorgio Vecchio, Nicoletta Bigatti, Alberto Centinaio, “Giorni di guerra. Legnano 1939-1945”, edizioni Eo Ipso, Legnano, 2001 [presso Consorzio Sistema Bibliotecario Nord-Ovest Milano, ad es. Legnano, e Rete Bibliotecaria Provinciale di Varese, ad es. Castellanza]
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