Una piazza di spaccio nel carcere di Opera, tra gli arrestati un trentenne di Gorla Minore
Carabinieri di Milano, Ros e Polizia Penitenziaria hanno portato a termine un'indagine della Dda milanese che ha individuato nel carcere un traffico di stupefacenti. Sequestrati oltre 300 kg tra marijuana, cocaina e hashish

Aveva ramificazioni anche in provincia di Varese l’organizzazione criminale dedita al traffico e allo spaccio di stupefacenti azzerata dal Ros dei carabinieri insieme al Comando provinciale di Milano e al Comando di Polizia Penitenziaria del carcere di Opera. Una delle piazze di spaccio, infatti, era attiva all’interno del carcere dove i parenti di alcuni detenuti introducevano sostanze stupefacenti.
Arresti in tutta Italia, uno a Gorla Minore
Oggi, mercoledì, a Milano e nelle province di Pavia, Varese, Sassari e Catania sono finite nell’inchiesta in tutto 30 persone, in esecuzione, rispettivamente, di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Milano, su richiesta della locale DDA, nei confronti di 10 soggetti (8 in carcere e 2 donne agli arresti domiciliari); di un decreto di fermo della stessa DDA milanese nei confronti di 8 persone e di un’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di 12 soggetti, tra i quali due donne, (di cui 7 in carcere, 3 già detenuti per altra causa e 2 agli arresti domiciliari) emessa dal GIP del Tribunale di Milano. Uno degli arrestati è residente a Gorla Minore, italiano del ’90. Arrestato per detenzione abusiva di arma. L’organizzazione era composta principalmente da italiani ma anche da alcuni stranieri.
Gli arrestati sono ritenuti responsabili – a vario titolo – dei reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico – anche internazionale – di stupefacenti, riciclaggio, estorsione, detenzione e porto abusivo di arma da fuoco, commessi nel territorio Lombardo ed in Spagna. I provvedimenti scaturiscono dai convergenti esiti delle prolungate ed articolate attività d’indagine avviate nel 2019 condotte dal Comando Polizia Penitenziaria presso la Casa di Reclusione di Milano-Opera, dai Carabinieri della Compagnia di Corsico e del Reparto Anticrimine di Milano.
Lo spaccio in carcere
Le indagini condotte dal Comando Polizia Penitenziaria presso la Casa di Reclusione di Milano-Opera e coordinate dalla D.D.A. della Procura di Milano hanno portato a ricostruire una rete per il traffico di sostanze stupefacenti, con vere e proprie piazze di spaccio, all’interno dell’istituto penitenziario di Opera (MI), con il coinvolgimento di familiari dei detenuti i quali, oltre a curare l’introduzione in carcere della droga e dei telefoni cellulari, avrebbero garantito il collegamento con esponenti di spicco di gruppi organizzati operanti, in particolare, nella zona di Rozzano (MI), Milano (nei quartieri Barona, Gratosoglio, Comasina e Quarto Oggiaro), Pavia, nel territorio della Campania, dell’Emilia Romagna, con diramazioni anche in Spagna (in particolare nelle città di Malaga e Barcellona).
La base in Spagna
In queste due località iberiche stazionavano due degli indagati ritenuti gli organizzatori delle spedizioni della droga verso il territorio italiano, ai quali gli acquirenti facevano pervenire dall’Italia, mediante corrieri, il denaro necessario al pagamento dei carichi di stupefacente (in larga parte hashish e marijuana) destinato alle piazze di spaccio milanesi. Nel febbraio del 2020, presso l’aeroporto di Orio al Serio sono stati intercettati e sequestrati 53.000 euro in contanti nascosti nel doppio fondo di una valigia di una delle indagate, che si apprestava a partire per Malaga.
I Carabinieri della Compagnia di Corsico, coordinati dalla DDA di Milano, a partire dal settembre 2021, sviluppando ulteriormente le prime risultanze delle attività d’indagine, hanno fatto luce sulle responsabilità di due distinti gruppi criminali.
La base di Rozzano nelle case Aler
Quello di Rozzano operava nell’ambito della cessione, importazione, trasporto e vendita di quantitativi, anche ingenti, di cocaina, hashish e marijuana. Il sodalizio, in particolare, agiva nel quartiere ALER (edilizia residenziale) curando che le consegne di stupefacente avvenissero, previ accordi telefonici (con schede fittiziamente intestate a terzi), in località sempre diverse e sempre sulla pubblica via così da eludere l’intervento delle Forze di polizia. In questo contesto è emersa la figura di due donne che, oltre a custodire la sostanza in cassette di sicurezza installate nelle proprie abitazioni, riciclavano i proventi illeciti facendoli accreditare su carte Postepay a loro intestate.
Il gruppo milanese, l’uomo a Badalona e la società di logistica
L’altro gruppo operava a Milano, zona “Sempione”, nel settore del traffico internazionale di hashish e marijuana anche nella città spagnola di Badalona (base di occultamento dello stupefacente per la successiva importazione sul territorio nazionale) dove un appartenente al gruppo dimorava e curava il trasporto della droga a bordo di mezzi appositamente modificati (con vani nascosti ad apertura elettronica) riconducibili ad una ditta di logistica creata ad hoc ed intestata ad uno dei sodali che creava documenti di trasporto – fittizi – di materiale informatico da e per la penisola iberica.
Indagini convergenti
Le convergenti indagini condotte dal Reparto Anticrimine di Milano da ottobre 2021 hanno delineato l’operatività di un’organizzazione dedita al traffico e allo spaccio nel quartiere milanese della “Barona” ove lo stupefacente veniva distribuito in 2 piazze di spaccio situate, rispettivamente, nella zona delle case popolari e nei pressi di un centro commerciale oppure consegnato a domicilio previo ordinativo effettuato utilizzando piattaforme di messaggistica istantanea.
Le armi
Gli indagati potevano anche contare su diverse armi da fuoco custodite, per conto dei vertici dell’associazione, da soggetti compiacenti presso appositi nascondigli, localizzati anche all’interno di locali pubblici. Aldilà del volume di droga movimentata e smerciata, le indagini hanno permesso di accertare studiati moduli organizzativi interni al sodalizio, attuati proprio col fine di minimizzare i danni connessi agli interventi di magistratura e forze dell’ordine.
Una struttura a prova di indagine ma neanche tanto
Il gruppo, infatti, si è articolato in sotto-strutture le cui reciproche comunicazioni – necessarie al coordinamento delle comuni attività illegali – erano mascherate con il ricorso a comunicazioni non intercettabili (anche ricorrendo a moderne tecnologie di comunicazione criptata) o ai più tradizionali “passaparola”.
Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 240.000 euro in contanti e 329 kili di sostanza stupefacente tra cocaina, hashish e marijuana.
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