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“La storia di Enea sembra una fiaba, se non somigliasse più a un film horror”

Pubblichiamo due interventi sulla storia del neonato lasciato nella “Culla per la vita” della Mangiagalli a Milano. Qui trovate quello di Barbara Boggio, pedagogista ed educatrice che lavora all'Albero della vita e si occupa di affido

Generico 10 Apr 2023

Pubblichiamo due interventi sulla storia del neonato lasciato nella “Culla per la vita” della Mangiagalli a Milano. Due prese di posizioni diverse ma che esprimono bene anche quale debba essere il ruolo dei vari soggetti in causa compreso il nostro. Quello qui sotto è di Barbara Boggio, pedagogista ed educatrice che lavora all’Albero della vita e si occupa di affido. 

Questo bimbo di voce per ora ha solo il pianto, lo strillo acuto della fame, il lamento prolungato delle coliche, il silenzio del sonno sereno. È un neonato di cui conosciamo molte più cose di quante ci spetti sapere. Perché l’informazione non è un diritto sovrano, quando si tratta di minori.

Enea – il nome ormai lo conosciamo tutti – viene al mondo. Pesa due chili e seicento grammi e ha i capelli scuri. È stato lasciato il giorno di Pasqua nella “Culla per la vita” della Mangiagalli a Milano, sappiamo anche questo. La donna che lo ha partorito gli ha scritto una lettera, e dall’attenta analisi di questa missiva si è già immaginata la sua giovane età.

Mi chiedo che diritto abbiamo di saperlo. Ogni parola, ogni informazione, ogni eventuale illazione, avrebbe dovuto restare un fatto privato. Di questo bimbo, della famiglia che senz’altro lo accoglierà. Invece anche Fragolina97 è libera di commentare che lo Stato ha abbandonato questa povera madre, LaGiusy che aiutiamo solo gli stranieri, Pippogaming che la mamma può ancora ripensarci, tornasse di corsa a prenderselo.

E poi arrivano i primari, i personaggi famosi, sproloquiamo su “vere” e “false” mamme, facciamo un crowdfunding e con qualche migliaio di euro la mamma potrà riprendersi la creatura e vivere per sempre felice e contenta.

Sembra una fiaba, se non somigliasse più a un film horror. Perché vogliamo il lieto fine, dimenticando che sarebbe solo un faticosissimo inizio. Perché si violano sistematicamente i diritti di un bambino che, tra qualche anno, troverà la storia del suo ingresso al mondo spiattellata pure su Novella duemila. Perché non si rispetta la scelta di una donna, che è quella di consegnare un bambino che non può o non si sente di crescere –per motivi che a noi non devono interessare e che tantomeno possiamo giudicare- a qualcun altro che senz’altro lo farà.
E che invece deve leggere la solita Fragolina che si chiede come possa “una madre abbandonare il suo piccolo”.

Qui l’unico diritto non è la notizia, ma il rispetto di una scelta.

Barbara Boggio

La storia di Enea e il diritto alla riservatezza
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Pubblicato il 11 Aprile 2023
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