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I beni confiscati alle mafie a 25 anni dalla legge per il riutilizzo: ecco la mappa nel Legnanese

A 25 anni dalla legge per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie, Libera a Legnano fa il punto della situazione nel Legnanese

beni confiscati alla mafia

Era il 7 marzo 1996 quando a Roma veniva approvata la legge per il riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati alle mafie. A 25 anni esatti da quel giorno, il neonato presidio di Libera a Legnano ha deciso di fare il punto della situazione sui beni confiscati presenti nel Legnanese, sulle storie andate a buon fine nel restituirli a nuova vite e su quello che ancora c’è da migliorare.

«Abbiamo scelto di realizzare un dossier sui beni confiscati nel nostro territorio proprio per sottolineare l’importanza di questo fenomeno – hanno spiegato i soci di Libera Legnano Martina Sala e Paolo Meroni -: confiscare beni ai mafiosi non significa solamente privare le organizzazioni di stampo mafioso di una fetta del loro patrimonio, ma anche di potere e influenza. Questo dossier non è un semplice elenco puntato, ma è un punto di partenza: da un lato come presidio vogliamo informare i cittadini sulla presenza di beni confiscati nel territorio, dall’altro puntiamo a lavorare in sinergia con le amministrazioni per valorizzarli in modo concreto, consapevole e soprattutto trasparente».

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LA NORMATIVA

Il percorso per arrivare alla disciplina attuale del riutilizzo sociale dei beni sequestrati e confiscati alle mafie parte nel 1982 con la legge Rognoni-La Torre, che ha introdotto nel codice penale il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e i sequestri e le confische per i condannati: la legge fu approvata il 13 settembre 1982 dopo l’omicidio del segretario del PCI in Sicilia, Pio La Torre, e l’attentato al prefetto di Palermo, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

L’idea di restituire alla comunità le ricchezze accumulate illecitamente dalle mafie arriva negli anni ’90 con una campagna avviata da Libera nell’anno di fondazione, ovvero il 1995, con l’obiettivo di raccogliere un milione di firme, che si aggiungeva alla proposta di legge promossa da alcuni deputati, tra cui l’attuale Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Così il 7 marzo 1996 la commissione giustizia ha dato il via libera alla legge 109, che proprio oggi compie il suo primo quarto di secolo. Quelle norme oggi fanno parte del codice antimafia, che nel 2011 ha riordinato le leggi in materia e ha definito meglio il ruolo dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata, nata nel 2010 come ente pubblico autonomo vigilato dal Ministro dell’Interno. Le ultime modifiche sono arrivate con la legge di conversione del Decreto Sicurezza nel 2018.

LA PROCEDURA DI SEQUESTRO, CONFISCA E DESTINAZIONE DEI BENI

Il primo step dell’iter per arrivare al riutilizzo del bene è il sequestro, che viene disposto dal tribunale quando il valore dei beni risulta sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica svolta o quando ci siano indizi sufficienti a far ritenere che i beni derivino da attività illecite o ne rappresentino il riutilizzo. Con il provvedimento di sequestro viene nominato anche un amministratore giudiziario, che dovrà custodire, conservare ed amministrare i beni e dare conto del suo operato e sarà assistito dall’Avvocatura generale dello Stato e dall’ANBSC.

La fase successiva è quella della confisca di primo grado, un provvedimento ancora una volta di natura temporanea che conferma il sequestro e avvia il procedimento che porterà alla confisca definitiva: la gestione del bene, dopo il provvedimento di confisca di primo grado, è affidato all’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata.

Quando la confisca viene definitivamente confiscata dalla magistratura, i beni entrano a far parte del patrimonio dello Stato. I beni immobili possono poi essere trasferiti agli enti locali, che potranno gestirli direttamente o assegnarli in concessione, a titolo gratuito, ad associazioni del terzo settore. Le aziende rimangono invece nel patrimonio dello Stato: l’ANBSC le può destinare all’affitto, alla vendita e anche alla liquidazione, quando le altre due strade non siano praticabili.

BENI IN GESTIONE E BENI DESTINATI

I beni sottoposti a confisca vengono classificati in due categorie: beni in gestione e beni destinati. Come spiega il presidio di Legnano di Libera, i beni in gestione sono «tutti quelli che, per diverse ragioni, non sono ancora stati trasferiti alle amministrazioni dello Stato o agli enti locali e, dunque, sono ancora sotto la gestione dell’ANBSC e possono essere beni confiscati in via definitiva oppure in confisca non definitiva». I beni destinati, invece, sono quei beni «per i quali le procedure sono giunte al termine e dunque è stato possibile procedere alla destinazione, sia per finalità istituzionali sia per finalità sociali. Molti beni, anche dopo la destinazione e il trasferimento ai comuni, rimangono inutilizzati».

I BENI CONFISCATI NEL LEGNANESE

Dal dossier predisposto dal presidio di Legnano di Libera, elaborato sulla base dei dati presenti nella piattaforma OpenRe.g.i.o. dell’ANBSC aggiornati a lunedì 1 marzo, i beni confiscati negli undici comuni del Legnanese che fanno capo al presidio sono in tutto 64: 58 immobili e 6 aziende. Tra gli immobili, 25 sono al momento in gestione all’Agenzia nazionale, alcuni ancora in confisca non definitiva, mentre 33 sono stati destinati, prevalentemente ai comuni. Solo due delle sei azienda, invece, sono state destinate, ma entrambe sono in liquidazione.

A Busto Garolfo, Canegrate, San Giorgio su Legnano e Villa Cortese non ci sono beni confiscati. A Cerro Maggiore, invece, la confisca è ormai definitiva per due appartamenti ed un box auto, ma i beni sono ancora in gestione e non sono quindi ancora entrati a far parte del patrimonio di Palazzo Dell’Acqua. Quattro gli immobili destinati a scopo sociale a Dairago, un terreno edificabile e tre unità immobiliari in via Roma.

A Legnano i beni immobili e aziendali confiscati sono 28, il numero più alto della zona. I beni immobili destinati nella Città del Carroccio sono 14: una villa e un box in via Pasubio, un appartamento e un box in via Cuzzi, sette appartamenti e un magazzino in via Galvani, un appartamento in via Calatafimi (destinato alla vendita per il soddisfacimento dei creditori) e un appartamento in via Abruzzi. C’è anche un’azienda destinata, che ad oggi risulta in liquidazione. Dieci, invece, i beni immobili in gestione (sette appartamenti, un magazzino e due box), di cui quattro confiscati in primo grado, quattro confiscati in via definitiva e due con procedimenti penali ancora in corso. In gestione risultano anche tre aziende.

Quattro gli immobili destinati a Nerviano: una villa e un terreno agricolo in via Ponchielli, un appartamento in via Dell’Annunciata e uno in via Diaz, entrambi destinati alla vendita per il soddisfacimento dei creditori. A Parabiago ci sono invece due beni immobili in gestione, un appartamento e un box, e uno destinato, in gestione alla Guardia di Finanza per fini istituzionali.

Dieci i beni confiscati a Rescaldina, ovvero un’azienda in gestione, un’azienda destinata e otto beni immobili: un appartamento, un locale per la ristorazione e cinque box in via Saronnese e un’abitazione in via Melzi adibita a scopi sociali. Entrambe le aziende sono «all’interno del settore “Alberghi e ristoranti” – precisa il sindaco, Gilles Ielo – e pertanto riteniamo che rifletta degli affidamenti nella gestione degli immobili confiscati e non di unità aggiuntive alle otto elencate». A San Vittore Olona, invece, risultano 10 immobili in gestione (tre appartamenti, quattro box, un terreno agricolo, una villa e un bene destinato ad altri usi) e due destinati: una villa sul Sempione e una in via Mazzini.

«Il monitoraggio ha riguardato anche la trasparenza delle informazioni e la pubblicazione nei siti dei comuni dei beni trasferiti nel proprio patrimonio, secondo quanto previsto dal codice antimafia – spiega il presidio legnanese di Libera -. Dei cinque comuni che hanno avuti beni immobili destinati (Legnano, San Vittore Olona, Rescaldina, Dairago e Nerviano) Legnano e San Vittore Olona hanno una sezione specifica sui beni confiscati, Rescaldina indica i beni all’interno dell’elenco generale del patrimonio immobiliare, mentre per Dairago e Nerviano non risulta la pubblicazione dei dati. I beni destinati al comune di Rescaldina sono riutilizzati per finalità sociali, solo alcuni beni sono riutilizzati nel comune di Legnano mentre a San Vittore Olona i beni immobili non sono riutilizzati e alcuni di loro necessitano di interventi di ristrutturazione. È da evidenziare che uno degli immobili ubicati a San Vittore Olona, è stato inserito nel bando di assegnazione diretta al terzo settore che l’Agenzia ha pubblicato lo scorso anno».

GLI ESEMPI VIRTUOSI

Nel dossier il presidio legnanese di Libera ha raccontato anche alcune esperienze virtuose di riutilizzo di beni confiscati: l’osteria sociale La Tela di Rescaldina e l’appartamento di via Cuzzi a Legnano.

L’osteria sociale nata sulle ceneri del fu “Re 9” è tornata a nuova vita nel 2015 con il progetto “Tutto il gusto della legalità”, presentato dal comune di Rescaldina e finanziato con 175mila dal Pirellone, che prevedeva l’avvio di un ristorante e di un centro di aggregazione e di promozione sociale, culturale e civile nei locali sequestrati nel 2010. Nel 2018 c’era stata poi una battuta d’arresto legata a difficoltà economiche, con l’allora gestore che aveva fatto un passo indietro. Nel 2019, però, dopo un primo bando per l’assegnazione andato deserto, il secondo tentativo era andato a buon fine e l’osteria aveva riaperto i battenti con un nuovo gestore.

L’appartamento di via Cuzzi a Legnano, invece, era stato assegnato a Palazzo Malinverni nel 2007. Dopo averlo inizialmente usato come alloggio di edilizia residenziale pubblica, il comune ha scelto di affidarlo alla onlus Cielo e Terra e dal 2013 l’unità immobiliare è sede di un progetto di housing sociale temporaneo che ha accolto 15 nuclei familiari per un totale di 39 persone, di cui 18 minori

Storie di rinascita per i beni confiscati alle mafie alle quali se ne aggiungerà presto un’altra: quella della villa di via Pasubio a Legnano, che al netto degli ultimi preparativi è ormai quasi pronta ad accogliere il centro antiviolenza e aiutare le vittime di maltrattamenti. Se il bando per la qualità dell’abitare premierà il progetto proposto da Legnano, anche la corte di via Galvani avrà una nuova vita e sarà destinata al co-housing.

DOSSIER BENI CONFISCATI – 6 marzo 2021

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 07 Marzo 2021
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