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In fuga perchè ebrei, Aida e Dario Foà agli studenti: «Siamo tutti uguali»

Ad ascoltare la loro storia, con attenzione e senza quasi fiatare, ben 164 studenti delle terze medie.  

Dall'oggi al domani costretti a scappare, perché ebrei. Allontanarsi all'improvviso da casa per sfuggire alla persecuzione e alla deportazione nei campi di concentramento e quindi dalla morte certa. 

[pubblicita] Intensa ed emozionante la testimonianza di Aida e Dario Foà che oggi, lunedì 27 gennaio, in occasione del "Giorno della Memoria" sono stati ospiti all'Istituto Tosi di Legnano. Incontro, voluto dal dirigente scolastico Gabriella Lazzati e introdotto dal vice commissario prefettizio Giuseppe Mele. Ad ascoltare la loro storia, con attenzione e senza quasi fiatare, 164 studenti delle terze medie. 

Marito e moglie, entrambi membri dell'associazione milanese "figli della Shoah", sul palco dell'aula magna, hanno ripercorso quel terribile periodo. 

Il 5 settembre del 1938, quando il re d'Italia Vittorio Emanuele firmò il primo decreto per la difesa della razza, Aida era una bimba di 7 anni. E senza capire le vere motivazioni si trovò ad abbandonare Siena per partire con i suoi genitori verso la Svizzera.«Mio padre fu licenziato dai Monte dei Paschi perché ebreo – racconta con commozione la donna –. Nel '39 un uomo ci salvò, lo chiamai l'Angelo perchè ci permise di scappare. Prima andammo a Bologna, poi, una mattina ci mettemmo ancora in viaggio: attraversammo le Alpi innevate nel mese di novembre con tre spalloni». Un lungo esilio, durante il quale non sono mancate difficoltà come «vivere lontana dai miei genitori», oppure subire le «attenzioni troppo insistenti» di un uomo apparentemente gentile che accoglieva i bambini.

Anche Dario, figlio del rabbino capo della comunità di Napoli, a quell'epoca aveva solo 8 anni: «Ero un bambino, l'unica cosa che capii fu che non potevamo più andare a scuola». E solo la liberazione della città da parte degli “scugnizzi”, nelle quattro giornate tra il 27 e il 30 settembre del 1943, permise di salvare gli ebrei napoletani dalla deportazione. Ma sino ad allora, Dario, dovette vivere una vita «clandestina, isolata, in fuga» come tutti gli ebrei.

«Non dovete dimenticare – affermano infine Aida e Dario -, siete voi che dovrete continuare a ricordare e capire che siamo tutti uguali. Tutti devono fare la loro parte per evitare denigrazioni, insulti, prevaricazioni, violenza verbale o fisica. Per evitare che tutto si ripeta ancora una volta».

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 27 Gennaio 2020
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