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“Il Galileo ritrovato”, il ricercatore legnanese Ricciardo incontra Mattarella

Il Rettore dell'Università di Bergamo ha donato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella una copia anastatica della lettera scoperta dal legnanese benemerito

Il Rettore dell'Università di Bergamo, Remo Morzenti Pellegrini, ha donato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella una copia anastatica della lettera inviata da Galileo Galilei a Benedetto Castelli, scoperta negli archivi della Royal Society dal ricercatore legnanese benemerito Salvatore Ricciardo (nella foto a destra tratta dal portale dell'Università di Bergamo insieme a Mattarella).

L'occasione è stata la visita del Presidente al Kilometro Rosso di Bergamo avvenuta giovedì 24 ottobre nell'ambito delle "Giorni della Ricerca". 

[pubblicita] Il Rettore i, insieme ai docenti di Storia delle rivoluzioni scientifiche, Franco Giudice e Salvatore Ricciardo, ha quindi raccontato al Presidente della Repubblica la scoperta, avvenuta ad agosto del 2018, della prima delle celebri Lettere Copernicane, scritta il 21 dicembre 1613 da Galileo a Benedetto Castelli

«È stato un onore potere condividere con il Presidente della Repubblica il valore di questa scoperta che ha dato il via a nuove domande e quindi a nuove ricerche – è la dichiarazione del Rettore pubblicata sul sito dell'ateneo – Invitiamo sempre gli studenti ad essere curiosi e non smettere mai di cercare: non esiste "serendipity” senza la voglia di sapere»

Sempre dal sito dell'ateneo di Bergamo:

Una scoperta inaspettata

Grazie a una fortuita e inaspettata scoperta di un ricercatore dell‘Università degli studi di Bergamo, Salvatore Ricciardo, le parole di Galileo Galilei tornano alla luce: 

La versione originale della lettera che lo scienziato del diciassettesimo secolo scrisse al suo allievo Benedetto Castelli il 21 dicembre 1613, versione originale che si credeva perduta, è stata riconosciuta dal professore bergamasco in un reperto della biblioteca della Royal Society di Londra, mentre si trovava lì per motivi di ricerca.

La lettera a Benedetto Castelli del 21 dicembre 1613

La scoperta della versione più antica della "Lettera a Benedetto Castelli" di Galilei, datata 1613, è un evento importante dal punto di vista storiografico soprattutto perché quella lettera è stata scritta quando l'autore delle scoperte scientifiche (le macchie solari, per citarne una) che hanno cambiato la storia della scienza mondiale, iniziava a vedersi arrivare accuse di eresia per le sue tesi copernicane in contrasto con la visione dominante del tempo (tolemaica).

All'interno della lettera, come racconta l'articolo del Nature che ha dedicato alla vicenda la storia di copertina, Galileo sosteneva le sue teorie per cui è diventato lo scienziato che tutti noi conosciamo: sosteneva che le teorie sul movimento degli astri che troviamo nella Bibbia non andassero prese alla lettera, perché gli autori dell'Antico Testamento avevano voluto semplificare la comprensione e di conseguenza la diffusione della Bibbia. Addirittura, sosteneva che proprio la teoria eliocentrica di Copernico non fosse affatto incompatibile con quanto troviamo scritto nelle Sacre Scritture.
Infine, sosteneva che le autorità religiose che all'epoca avevano voce in capitolo in materia di scoperte scientifiche non avessero le adeguate competenze per farlo. 

Questo è il contenuto della Lettera a Benedetto Castelli e, come sappiamo, fu una delle tante lettere scritte da Galilei, e senz'altro una di quelle che gli causò più problemi con la Santa Inquisizione. Ad oggi, a più di un anno della scoperta, la storia del ritrovamento viene narrata nel «Galileo ritrovato», di Franco Giudice, Michele Camerota e Salvatore Ricciardo.

 

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 25 Ottobre 2019
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