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Il “Tirinnanzi” incontra la comunità “L’Imprevisto”

Studenti e professori hanno ascoltato le testimonianze del fondatore e di tre giovani della comunità terapeutica...

«Tutto fu bene, anche il mio male». Queste parole di Ada Negri, tratte da una delle sue ultime poesie, Atto d’Amore, potrebbero essere la sintesi dell’incontro che Silvio Cattarina e tre suoi giovani hanno regalato a studenti e insegnanti del Liceo Tirinnanzi venerdì 10 marzo.

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Il "Tirinnanzi" incontra la comunità "L'Imprevisto" 4 di 8

Cattarina, trentino trapiantato nelle Marche, è il fondatore della comunità terapeutica "L’Imprevisto" di Pesaro, che dal 1990 accoglie giovani devianti e tossicodipendenti. Con il Liceo Tirinnanzi c’è un’amicizia di lunga data, che si è rinnovata pochi giorni fa in modo realmente “imprevisto”.

Tutto inizia un giovedì pomeriggio, durante un dialogo informale attorno a un tavolo con alcuni insegnanti della scuola. Le facce dei quattro amici, le loro parole piene di positività e di gratitudine, l’esperienza educativa da loro vissuta colpiscono i nostri insegnanti, tanto da far balenare l’idea di un incontro con tutti gli studenti e i professori della scuola il mattino seguente.

Ed eccoci riuniti in Auditorium venerdì alle 8.05, di buon mattino, perché dopo qualche ora Silvio e i ragazzi sono attesi a Milano. Qualche studente forse è ancora un po’ assonnato, ma le parole che sentiamo presto risvegliano tutti.

Silvio Cattarina comincia in modo lapidario, sfidandoci con quello che trent’anni di questa esperienza e più del doppio di vita gli hanno fatto scoprire: «La persona non è mai il suo passato o il male che ha commesso». «Si può sempre rinascere e ripartire. Il bene è sempre di gran lunga maggiore di qualsiasi male». «Drogarsi vuol dire cercare dentro di sé la soluzione: per questo si dice “mi faccio”. Invece il bello della vita è avere amici e adulti significativi».

Sono le testimonianze che seguono a dare carne a queste parole. Luca, 19 anni, inizia a drogarsi a 14, e la cosa va a avanti fino a quando non lo arrestano e lui finisce in comunità. «Dopo tre mesi sarei potuto ritornare a casa – racconta –, ma ho deciso di rimanere, perché lì mi volevano bene e credevano in noi. Nel tempo ho iniziato a vivere veramente, mentre prima mi accontentavo di sopravvivere». Il giorno prima ci ha confidato che sarebbe voluto andare dai carabinieri per ringraziarli di averlo arrestato.

Prende la parola Matteo, 25 anni, che con il Tirinnanzi ha un legame particolare. Esordisce in modo sorprendente: «Ringrazio di tutto quello che mi è successo perché mi ha portato a essere quello che sono». E racconta del grande desiderio che ha sempre avvertito dentro di sé, fin da piccolo, tale da farlo sentire «diverso, speciale». Poi, a 14 anni, le prime canne, il richiamo di ragazzi più grandi; col tempo nemmeno il diploma, il lavoro, i soldi e la ragazza bastano a colmare il suo vuoto. Allora «anziché affrontare il vuoto che avevo dentro, ho trovato la strada più facile: riempirla attraverso la droga e lo sballo, ma mi sono reso conto che era un’illusione». Siamo nel marzo 2014 e i genitori di Matteo vengono a sapere di un incontro serale con Silvio Cattarina proprio qui al Tirinnanzi, e allora, quasi trascinandolo, portano il figlio a quell’incontro che gli cambierà la vita. Matteo entra in comunità, dove non solo la dipendenza finisce, ma la vita ricomincia: «viene ricostruita la persona». Matteo riscopre se stesso, i suoi desideri, il significato di parole prima fraintese: «la libertà non è fare quel che voglio, ma dire di sì a qualcuno che vuole il mio bene».

Andrea, 21 anni, fin da ragazzo viene sfidato dalla vita, a tanti livelli. Dopo un’overdose si risveglia in ospedale abbracciato dallo sguardo dei suoi genitori. Per sottrarsi al carcere finisce nella comunità pesarese, ma qui la vita non è facile e a lui, come a tutti, viene chiesto tanto. Andrea finge, si sottrae e dopo due anni fugge, di notte. Bussa alla porta di casa ma la madre è decisa: «O torni in comunità o dormi per strada». Il gesto della mamma lo risveglia e lo rilancia: «Ho deciso di conquistarmi la mia libertà, che non è fare quello che mi pare, ma realizzare qualcosa di grande per la mia vita».

Silvio Cattarina a tratti interviene, chiosa questi racconti riprendendone le parole che lo colpiscono di più. Si vede proprio che dietro la rinascita di questi giovani c’è anche il rapporto con lui. Anzi, con quello che c’è dietro di lui, come ci ha detto il pomeriggio prima: «Ai miei ragazzi dico: “Non ditemi ‘Quanto bene mi vuoi!’”, ma ‘perché mi vuoi così tanto bene?’. Non guardate me, ma dove guardo io”».

Siamo grati dell’incontro con Silvio Cattarina e con Luca, Matteo e Andrea, non solo perché ci hanno testimoniato che si può rinascere sempre, da ogni tenebra e da ogni ombra, ma soprattutto perché ci hanno ricordato che la vita è una promessa, e che il desiderio con cui ciascuno di noi si alza al mattino può avere risposta. Allora anche lo studio quotidiano, il rapporto con gli insegnanti e con i compagni, l’alternanza scuola-lavoro, addirittura un richiamo della preside, possono essere un’occasione per scoprire, in modo “imprevisto e imprevedibile”, questa risposta.

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 20 Marzo 2017
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