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Presa in carico del paziente cronico, “partiti lentamente ma si va avanti”

L'arruolamento da parte dei medici di base prosegue - I numeri da gestire sono elevati, per questo i tempi si sono allungati

A che punto siamo con la riforma della cronicità e la presa in carico del paziente cronico? A fare il punto della situazione il dottor Cornelio Turri, presidente dell'associazione medici di Legnano. 

La presa in carico del paziente cronico «è partita abbastanza in sordina – spiega Turri -, un po' perché il numero delle persone coinvolte era estremamente elevato. Certamente si va avanti e essere partiti lentamente è stato anche un vantaggio perché i tempi previsti per ogni presa in carico sono lunghi e inserire questo in una normale routine è un problema non indifferente anche dal punto di vista gestionale».

Ogni medico ha circa 500 pazienti cronici su un numero di 1500 assititi, «un carico di lavoro decisamente notevole. L'onda lunga poi credo che andrà avanti nel tempo, perché credo che sia il modo corretto per gestire un paziente cronico». Ma cosa significa in concreto prendersi in carico di un paziente con una malattia cronica, come per esempio ipertensione o diabete? «Il medico gestore, di solito il medico di medicina generale ossia chi conosce meglio il paziente, in collaborazione con gli specialisti di riferimento, stende un piano terapeutico e di programmazione, ritagliato su quelle che sono le patologie e le esigenze della singola persona. Ci saranno quindi esami del sangue, piuttosto che esami strumentali, oppure visite specialistiche, scandite su un calendario in funzione della patologia del paziente. Nulla vieta certo che il piano possa, in corso d'opera, essere modificato perché può esserci un evento nuovo che può stravolgerlo in parte o del tutto». 

Il dottor Turri rassicura in ogni caso chi ancora non è stato "preso in carico", perchè "l'arruolamento" da parte dei medici di base prosegue. 

Redazione
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Pubblicato il 17 Gennaio 2019
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