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Lucia e la sua convivenza con il “lupo”: il virus HIV

Tutte le mattine va al lavoro, cura i figli, ama suo marito e segue una terapia che le permette di contenere l'HIV 

Tutte le mattine va al lavoro, cura i figli, ama suo marito e segue una terapia che le permette di convivere con l'HIV. È la storia di Lucia, una donna normale di oltre 40 anni.

Il racconto, non comune, di Lucia, nome di fantasia per tutelarne l'identità, è la storia di una tra le tante vite "toccate" dall'HIV. Parla dell'evolversi della cura di una malattia complessa che lei chiama "lupo", perché identifica la siero positività a una bestia feroce che, oggi, con l'evolversi della medicina, è possibile tenere in “gabbia” grazie ai farmaci (antiretrovirali) che, pur non guarendo, permettono il contenimento del virus. Purtroppo, con il passare degli anni, l'attenzione  è diminuita e nel contempo superano i 30 anni coloro che decidono di effettuare i test, nonostante siano più accessibili e garantiscano l'anonimato. Soltanto nel 2017 in Lombardia 3.443 persone hanno scoperto di essere portatori del virus dell’HIV. E' anche vero che l’incidenza italiana rientra nel trend di quella rilevata nelle nazioni dell’Unione Europea pari a 5,8 nuovi casi ogni 100.000 abitanti. Lucia è quindi un paziente cronico dell’Alto Milanese, ma a differenza dei 327 nuovi infetti individuati nel 2018 dall'Ats Città Metropolitana ha vissuto in prima persona il cambiamento della medicina e la silenziosa accettazione sociale, che non esclude lo stigma.

Incontrata in una fredda giornata invernale di mercato Lucia, l’ambulante soprannominata “la donna dei profumi”, ha iniziato a raccontare la sua storia: «con me puoi scrivere un’enciclopedia». E poi, seduta al tavolo del bar, ha aggiunto con freddezza provocatoria: «Guarda che stai mangiando un tramezzino con una sieropositiva». Di fatto Lucia sembra essere una donna in splendida forma con uno stile un po’ da zingara, un po’ punk. Energica quanto basta per far mercato con sole, pioggia e vento, ma non è così come lei stessa racconta: «Ho passato di molto i quaranta e il freddo lo sento, vedi che bei pantaloni da neve? Tengono caldo e mascherano queste gambe secche, regalo della cura per tenere a bada il lupo». Con naturalezza prosegue: «Si, sono una ex tossica, che ha preso l’HIV ai tempi dell’eroina. L’ho scoperto a Milano in ospedale, quando mi hanno ricoverata per una epatite quindici giorni prima del matrimonio e mi hanno fatto anche il test per l'HIV».

Cosa hai pensato in quel momento? «Non ne ho avuto il tempo – risponde Lucia -, il medico dopo avermi stordito con una valanga di dati, numeri e appuntamenti ha affermato: poche storie e non incominciamo a piangerci addosso. Voi pensate a sposarvi, a curarvi ci pensiamo noi. Siete capitati nel miglior ospedale per la cura dell’HIV e con noi potete essere sicuri». Perchè parli al plurale, non sei sola a tener a bada questo “lupo”? «Risultavano positivi anche i test fatti al mio fidanzato, a mia sorella e a suo marito – spiega Lucia -. Noi avevamo già una figlia, per fortuna negativa ai test ripetuti più volte. Io sono uscita dall’ospedale per sposarmi, non ancora guarita dall’epatite, in attesa di iniziare la terapia contro la bestia!». E così, i due sposi dicono sì con la felicità di avere una figlia sana e la consapevolezza di dover affrontare una dura battaglia. 

Vent'anni fa Lucia, sotto la guida del suo medico che tutt'oggi l'ha in carico, ha iniziato il percorso di cura, completamente differente da quello moderno. La terapia a quei tempi era nettamente più impattante dal punto di vista fisico, come rivela “La donna dei profumi“. «Sono passati più di vent’anni da quel giorno, ma ricordo ancora le paure, la nausea, il medico sempre più nervoso perché non eravamo puntuali per gli esami e a volte dimenticavamo di prendere i farmaci narra Lucia, quasi assorta -. Poi, piano piano, le gambe sono diventate sempre più sottili e il grasso andava sulla pancia. Per fortuna non ho avuto danni al viso, come altre persone in terapia. Dopo pochi mesi, è morto mio cognato per una polmonite. La paura aumentava, nonostante le rassicurazioni del medico che ci aveva cambiato la terapia, utilizzando nuovi farmaci, più efficaci e con meno effetti tossici».

Un incubo, ma i genitori e gli amici conoscevano la situazione? «Ma dove vivi?! Erano gli anni della vergogna e nessuno doveva sapere, altrimenti eri trattata peggio di una lebbrosaafferma Lucia, scuotendo la testa con uno sguardo quasi compassionevole -. Dovevamo lavorare per vivere e mantenere nostra figlia e nessuno doveva sapere. Nascondevamo le medicine in scatole di caramelle per nascondere il fatto che dovevamo prendere 18 compresse al giorno, bere tre litri di succo di pompelmo e avere sempre un bagno nelle vicinanze!».

Adesso è tutto cambiato, Lucia segue una terapia meno impattante e la convivenza con la malattia è diventata una routine. Inoltre, è accaduto l'insperabile, Hanno avuto una seconda figlia, anche lei perfettamente sana. Cos'è cambiato? «Le situazioni sono molto diverse. Insieme a mio marito, ho imparato a convivere con l’infezione e a tenerla a bada – afferma Lucia -; il medico è sempre il solito, attento a ogni nostro problema, ma furioso se non stiamo alle regole. Sono cambiati i farmaci, molto più semplici da prendere e con pochissimi effetti tossici. Con molta attenzione da parte nostra e dei medici, siamo riusciti ad avere una seconda figlia in sicurezza. Lavoriamo e abbiamo i problemi che hanno tutte le famiglie, ma li affrontiamo con serenità e fiducia sapendo che la bestia è ben incatenata e non ci sta dando problemi».

Poi, come se nulla fosse, domanda: «Perché voi giornalisti non parlate più di AIDS?». Ha ragione a chiederselo, purtroppo l’HIV non fa più notizia e, forse ingiustamente, non fa più paura. Scuotendo la testa, Lucia  prosegue: «Certo, con le nuove terapie il lupo l’hanno messo in gabbia,ma non ucciso.Vedo il medico tre volte all’anno per gli esami e per i farmaci, mi rassicura per i miei dubbi e le mie angosce. Anche lui è più tranquillo, forse perché è diventato vecchio o forse perché ha delle armi più facili e più efficaci per tenere a bada il lupo».

Dopo un attimo di silenzio, con affetto parla delle figlie: «Non abbiamo il coraggio di parlarne e anche il medico ci dice di lasciare tranquilla la situazione – spiega Lucia -. Certo che le persone, e soprattutto i giovani, devono sapere quali sono i rischi in certe situazioni e dovrebbero conoscere l'esperienza di chi ha incontrato questa bestia e, per fortuna, non è stato sbranato. Io il lupo ce l’ho ancora dentro e, anche se ingabbiato, mi fa paura!».

Lucia non racconta altro e rimette la sua “maschera” da ambulante. Sorridendo sale sul furgone multicolor…anche domani, per Lucia, sarà giorno di mercato. 

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 21 Dicembre 2018
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