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Il chirurgo Del Bene si racconta a Legnanonews

Il medico pronto a replicare il doppio trapianto di mani - Visiterà anche il poliziotto che ha perso una mano a Capodanno... 

«I trapianti possono cambiare la vita alle persone e il futuro sono le cellule staminali mesenchimali». Ne è convinto il medico, luminare legnanese, dottor Massimo Del Bene, direttore del reparto di Chirurgia plastica e della mano dell'Ospedale San Gerardo (Asst Monza).

Il chirurgo, noto per avere eseguito il primo doppio trapianto di mani con una terapia innovativa antirigetto, prossimamente valuterà la possibilità di operare il poliziotto che ha perso una mano a Capodanno, nel tentativo di disinnescare un pacco bomba a Firenze.

Del Bene con estrema chiarezza ci ha spiegato: «Premetto che non sono favorevole al trapianto monolaterale. Ritengo non sia la soluzione migliore: sono troppe le complicanze e i rischi per il paziente. L’impianto di protesi è all'avanguardia ed è meno invasivo. Resta il fatto che con la mia équipe siamo disponibili a visitare e valutare la situazione dell’agente: il trapianto si potrà effettuare qualora ci fossero condizioni favorevoli sia a livello psicologico che fisico». Quindi, se l’agente rientrerà nei parametri, entrerà nella lista d’attesa per sottoporsi all'operazione garantita dal Sistema sanitario nazionale. Altrimenti, l’artificiere dovrà valutare l'impianto di protesi.

Dopo aver spiegato la sua posizione sulla vicenda raccontata dal quotidiano “Il Giornale” con modestia e gentilezza, il medico ci ha concesso un'intervista.

Seduto dietro la scrivania del suo ambulatori, particolarmente curato in tutti i particolari,, il chirurgo, sorridendo, ha puntualizzato «lei si sbaglia, io non sono di Legnano. In realtà sono più milanese… Ma sono orgoglioso di essere un legnanese d'adozione. Vivo in questa città da circa 30 anni. Quasi 24 anni li ho passati all'ospedale di Legnano con i colleghi Petrolati, Saporiti e Raimondi. Ricordo con affetto anche la caposala Maria Grazia Tajè con la quale ho lavorato. La mia formazione arriva dall'indimenticato dottor Ezio Morelli».

Del Bene, infatti, è stato allievo del noto medico che nel 1964 fondò l’unità operativa di Chirurgia plastica e della mano all’ospedale di Legnano. Il prof. Morelli, scomparso nell’aprile del 2009, ha formato generazioni di giovani dottori ed è stato tra i precursori della chirurgia della mano, oltre che tra i primi in Italia nel reimpianto dell’arto. «La scuola dell'Ospedale di Legnano è ancora la più forte, non solo a livello nazionale, ne sono convinto. Ho portato a Monza tutta l'esperienza legnanese con la quale ho potuto percorrere la strada che mi ha portato a realizzare “un unicum” che intendiamo replicare».

"L'unicum” è Carla Mari (nella foto pubblicata sul sito dell'Ospedale di Monza), sottoposta, nel 2010, al trapianto bilaterale di mani e curata con l'innovativa terapia basata su cellule staminali mesenchimali autologhe (prelevate  dallo stesso midollo osseo della stessa paziente). Fino ad oggi, la paziente non ha mai registrato episodi di rigetto, ha raggiunto una buona manualità e ci sono  probabilità che «si possa interrompere la terapia composta da un unico farmaco, il Tacrolimus».

Come sottolinea Del Bene, non tutti i pazienti sono idonei a questo tipo di percorso: «Ci devono essere tutti i presupposti, in particolar modo non va sottovalutato l'aspetto  psicologico». Trapiantare l'organo di una persona deceduta non è così semplice da accettare, secondo il chirurgo: «Ci sono voluti due anni di preparazione prima di poter eseguire l'operazione. Nonostante ciò, ricordo che ci sono voluti sei mesi prima che la figlia di Carla si facesse accarezzare, in quanto non riconosceva la mano della madre».

La chiave risiede nell'utilizzo delle cellule staminali mesenchimali, «che, a differenza delle terapie anti rigetto con farmaci, non danno effetti collaterali invasivi – spiega il chirurgo -. Sono cellule prelevate dal midollo osseo dello stesso paziente, moltiplicate nel laboratorio di terapia cellulare “Stefano Verri” dell’ospedale San Gerardo. Per poi essere, sottoposte a congelamento, ossia  la fase benking dove vi resteranno in attesa del trapianto, la cui tempistica dipenderà dalla ricerca del donatore idoneo».

Il dottor Del Bene e la sua équipe sono al lavoro per raggiungere nuovi traguardi. Il prossimo obiettivo sarà replicare il doppio trapianto, ma questa volta su un paziente di 29 anni che ha perso entrambi gli arti superiori a causa di una scarica elettrica ad alto voltaggio: «per lui è tutto pronto siamo in attesa di un donatore». Poi il medico, noto per la sua umanità e passione, cercherà di operare il 24enne di Leggiuno che nel 2015 alla vigilia di capodanno perse entrambe le mani per l'esplosione di un fuoco d'artificio.

Il chirurgo, che collabora con l'Istituto dei tumori di Milano e, da poco tempo, anche con il Niguarda, sottolinea: «Non focalizzatevi solo sulla mano: sono un chirurgo a 360 gradi. Con la mia squadra, siamo vicini al trapianto di faccia: ripeto, il futuro è nelle cellule staminali mesenchimali. Un medico deve lavorare con umanità e coscienza, rendendosi utile al prossimo, là dov'è possibile».

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 26 Gennaio 2017
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