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Rovista tra i rifiuti e butta le buste per la strada: è imbrattamento

Per la Cassazione è responsabile di imbrattamento un 37enne "beccato" a rovistare tra le buste dei rifiuti, scegliere ciò che gli interessa e gettare il resto lungo la strada.

Colto in flagrante mentre rovistava tra i sacchi dei rifiuti, ispezionava il contenuto delle buste, prelevava ciò che gli interessava e gettava il resto lungo la strada: per la Corte di Cassazione il 37enne va condannato per imbrattamento. La seconda sezione penale del Palazzaccio, presieduta da Piercamillo Davigo è stata chiamata in causa per risolvere il batti e ribatti tra il GIP e la Procura della Repubblica del Tribunale di Salerno.

Il Giudice per le indagini preliminari, infatti, in sede di richiesta di decreto penale di condanna aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti del 37enne perchè il fatto non sussiste, facendo leva «sulla natura isolata della condotta» e «l'intenzione di disfarsi dei materiali (dapprima estrapolati dai sacchi della spazzatura ed a lui non utili e quindi poi abbandonati sul suolo pubblico)». Secondo la Procura, invece, il reato di imbrattamento non richiede «alcuna abitualità della condotta e neppure il fine di distruggere il bene, essendo sufficiente la coscienza e volontà di cagionare il deturpamento».

E nel "verdetto" Piazza Cavour ha scelto la Procura come match winner. Secondo gli Ermellini, infatti, «dalla stessa ricostruzione del fatto operata dal giudice del merito risulta che l'imputato pose in essere un comportamento, quale quello di selezionare, accantonare e poi lasciare i materiali che non erano di suo "gradimento" sulla pubblica via, logicamente espressivo proprio dell'intento di deturpare ed imbrattare». E non basta ad escludere il dolo la «natura episodica della condotta, tenuto conto che la fattispecie non richiede affatto una ripetizione dei comportamenti […] e che l'abbandono ormai diffuso e sistematico dei rifiuti che non formano oggetto di diretto "interesse" da parte di chi rovista nei cassonetti, ha conferito all'incriminazione quella "dannosità sociale" sufficiente ad attribuirle legittimazione sostanziale e, dunque, in assenza di elementi negativi del fatto o cause di esclusione della pena, a rendere ragionevole l'applicazione di una sanzione penale».

La palla, ora, tornerà al Tribunale di Salerno.

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 28 Giugno 2018
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