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“Così crudele è la fine” chiude la summer edition di Scrittori in mostra

La rassegna letteraria saluta il pubblico legnanese con l'ultimo capitolo della trilogia nata dalla penna di Mirko Zilahy

Ha tolto i guanti, il commissario Enrico Mancini. E sta iniziando a venire a patti con il suo lutto, con il "tradimento" di continuare a vivere. Ma non ha smesso di investigare prima ancora che nel crimine nell'animo del serial killer. 

Lo ritroviamo così, il protagonista della trilogia corale di Mirko Zilahy, che l'anno scorso aveva inaugurato al Castello la summer edition di "Scrittori in mostra" e quest'anno, invece, l'ha chiusa al museo Sutermeister con il terzo (ed ultimo?) capitolo delle indagini del profiler romano che ha studiato a Quantico: "Così crudele è la fine" E lo ritroviamo ancora una volta – e non poteva essere altrimenti – a Roma. Ma questa volta Enrico Mancini non si muove più tra i pezzi forti dell'archeologia industriale della capitale o nella Roma della "grande bellezza" e della magnifica decadenza: il commissario, questa volta, per il gran finale si aggira nelle viscere di una Roma sotterranea e silenziosa.

Questa Roma sotterranea e silenziosa ce la racconta direttamente la "voce del male", ovvero il serial killer che ci parla sin dalla prima pagina perchè «tutta la letteratura si regge sul male, grande motore delle storie. E Roma in questo non è seconda a nessuna città del mondo, non ha un sasso che non abbia una storia di sangue».

Ma soprattutto la penna di Marco Zilahy questa volta ci racconta chi siamo quando ci troviamo alla luce nera del buio, quando non raccontiamo più una serie di cose agli altri perchè loro ce le ridicano e in qualche modo diventino vere: quando, insomma, è inutile continuare a raccontarsi favole e l'unico specchio in cui ci riflettiamo è il buio della paura. Con l'ennesimo serial killer che «prende a picconate» un concetto "alto" della filosofia di sempre: l'identità. L'ennesimo serial killer fallace e colpevole, ma che in qualche modo, anche se non può essere giustificato, non può nemmeno essere condannato oltre ogni ragionevole dubbio.

Intorno al puzzle del suo animo Enrico Mancini anche questa volta non si muove da solo ma con la sua squadra, che è anche un po' la sua nuova famiglia: tutti devono metterci del loro, e tutti ce lo mettono. E anche Zilahy, come sempre, ci mette del suo, miscelando letteratura, suoni e movimenti nella trama, in quello che ormai è il suo marchio di fabbrica insieme all'immancabile endecasillabo con cui inizia ogni suo romanzo.

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 17 Luglio 2018
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