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Le mani della ‘ndrangheta su Legnano e Rho: i dati della DIA

La Direzione Investigativa Antimafia ha pubblicato la relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti

Legnano resta tra le città della provincia di Milano in cui operano le 25 locali di ‘ndrangheta individuate dalla DIA. È messo nero su bianco nella relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia nel primo semestre 2019 che è stata diffusa proprio in questi giorni. Con Legnano, tra le altre città segnate nella mappatura criminale del territorio lombardo, sono citate anche Rho, Bollate e Lonate Pozzolo.  

Seppur silente, infatti, la criminalità organizzata continua a tessere la sua tela non solo a Milano, ma anche nell’Alto Milanese, Rhodense e Varesotto. Secondo la DIA i sodalizi organizzati più evoluti prediligono strategie “di basso profilo”, mimetizzandosi nel tessuto sociale-economico, raramente palesando le classiche connotazioni “militari” e utilizzano la violenza solo come risorsa aggiuntiva. L’obiettivo è quello di mantenere le posizioni economiche acquisite negli anni dai loro predecessori e proiettarsi sul piano internazionale. Un comportamento di difficile individuazione. 

[pubblicita] Nell’ambito imprenditoriale l’associazione mafiosa offre disponibilità di liquidità che però viene recuperata con interessi usurari attraverso assegni, bonifici e trasferimenti di denaro per la costituzione di “fondi neri”. In questo modo il gruppo mafioso pretende in cambio prestazioni e servizi, che si collocano su una sottile linea di confine tra lecito e illecito. E proprio per arginare queste modalità il 2 aprile 2019 la Prefettura ed il Comune di Milano hanno sottoscritto il Patto per il rafforzamento della prevenzione ai fini antimafia.

Restano costanti i rapporti collusivi con esponenti della politica e della pubblica amministrazione per ottenere appalti e controllare anche settori delicati come i rifiuti e bonifiche. Ne è conferma la maxi operazione antimafia effettuata nel maggio nel 2019 a Gallarate. Secondo l’analisi della DIA le consorterie per controllare il territorio cercano di gestire servizi come locali pubblici e posteggi proprio come nel caso della gestione del parking di Malpensa. Un quadro scoperto con l’operazione “Krimisa”, il cui processo è iniziato ieri, mercoledì 22, e per il quale il procuratore aggiunto di Milano, la dottoressa Alessandra Dolci, aveva dichiarato: «nonostante le indagini e gli arresti, non è cambiato nulla. Le cosche sono ancora padrone del territorio». 

Nelle inchieste giudiziarie che hanno toccato la Lombardia si sono palesati professionisti compiacenti che collaborano con le organizzazioni come Paola Galliani, l’intermediatrice finanziaria di Legnano, condannata a sei anni di carcere e 6mila euro di multa per estorsione con metodo mafioso nell’ambito dell’operazione “Linfa”.

Il settore degli stupefacenti resta il primario canale di finanziamento, l’operazione “Buc”, conclusa il 4 aprile 2019 dai Carabinieri di Varese con il coordinamento della DDA di Milano e di Eurojust, ne è la dimostrazione. L’intervento ha portato all’arresto per traffico internazionale di stupefacenti di sei italiani e tra questi c’era un soggetto già noto e convivente della nipote della defunta Maria Serraino soprannominata Mamma cocaina. Una conferma dell’importanza del territorio iberico nella rotta del narcotraffico gestito dalla ‘ndrangheta arriva dall’operazione “Ossessione” conclusa nel gennaio 2019 con la disarticolazione di un’organizzazione criminale facente capo al clan Mancuso di Limbadi. Tra gli arrestati c’era anche un 69enne di Cerro Maggiore.

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 23 Gennaio 2020
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