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10 anni dal Terremoto: Mandorlo in fiore a L’Aquila

Seconda puntata da L'Aquila del reportage di Luca Mondellini, allievo legnanese del corso di Reportage  del Centro Sperimentale di Cinematografia

Seconda puntata da L'Aquila del reportage di Luca Mondellini, allievo legnanese del corso di Reportage della sede Abruzzo del Centro Sperimentale di Cinematografia, nella ricorrenza del decimo anno dal terremoto

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10 anni dal terremoto de L'Aquila, il reportage di un legnanese 4 di 19

Per la prima puntata, leggi qui


[pubblicita]     Sono arrivato a L’Aquila più di un anno fa, e proprio per questo mi sento inadeguato a raccontare del terremoto. Non è per compassione, intesa con lo sdrucciolo scadente per una situazione che fa pena, ma per un sentimento più alto: è per un patire-con.

Quella compassione nella sua altezza vertiginosa, che ci rende tutti umani e fragili.

Non è per una ricerca del dolore, del male, della sofferenza, ma è quasi per sentirsi parte di questa città. Mi sto affezionando a questa terra, non l’avrei mai detto.

“Come ti permetti di parlare che non hai subito le ferite del terremoto?” potrebbe dire qualcuno. Non voglio essere irrispettoso, voglio semplicemente provare a raccontare quello che ho visto e gli incontri che ho fatto. In punta di piedi.

Così sono arrivato da Maria e Giacinto a Pagliare di Sassa, una frazione del Comune dell’Aquila, tra le zone più colpite dal terremoto. 

Questa famiglia mi ha fatto vedere una Bellezza nel terremoto.

Può sembrare paradossale ma esistono sparuti sprazzi di bellezza anche in una crepa, in una ferita così grande.

Giacinto, settantatré anni, ha alle spalle una carriera da direttore d’orchestra ma tra le sue passioni spicca quella di videoamatore. Mentre saliamo nel suo laboratorio nella soffitta di casa mi racconta che la mattina del 6 aprile 2009, mentre rientrava per prendere delle provviste prese anche la sua telecamera miniDV.

Dalla libreria prende una serie di agende, si siede sulla scrivania, apre la prima e inizia a scorrere il dito su un lungo elenco. “Aprile 2009, miniDV centoundici” esclama. Giacinto si avvicina al mobile e apre un grande cassetto dove sono raccolte tutte le registrazioni video: “Qui c’è gran parte della mia storia” mi dice, mentre cerca la centoundici.

Nel frattempo Maria, settant’anni quest’anno, mi racconta cosa è stato per lei il terremoto: “quei giorni è stato un susseguirsi di emozioni e aiuto.

Sono stati lunghi mesi: si iniziava la mattina con la colazione, il lavare, lo stirare e si andava avanti così facendo il quotidiano con difficoltà. Però, nonostante tutto, credo che gli aquilani siano stati capaci di rimboccarsi le maniche. Se devo dire un fatto bello in questo dolore è l’unità ritrovata, perché questa unità l’avevo conosciuta in passato, ma lo stare insieme negli ultimi trent’anni lo avevamo dimenticato. Magari si stava insieme ma era frettoloso, invece il terremoto ci ha fatto capire che la cosa importante del vivere è fermarsi a guardare un tramonto, la bellezza del mare, lo spettacolo del Gran Sasso. Questo non si faceva più, eravamo diventati superficiali. Il terremoto ci ha fatto capire l’importanza della vita e delle cose”.

Ci interrompe Giacinto. Ha trovato la cassetta. Da sotto la scrivania tira fuori una grande borsa nera e rossa. Con le sue grandi mani prende la videocamera e inizia il suo rituale preferito, che ripete tra se e se sottovoce: “prima si toglie il tappo, poi on. Apriamo lo schermetto e lo sportellino e ci siamo. Ma la batteria è carica? Si dai, ancora un’ora”. Il suono meccanico dello sportello della cassetta che si apre riecheggia per tutta la stanza, è un suono che mi è molto famigliare. Da piccolo un sacco di cassette ho “mangiato” per riperdere tutto quello che mi succedeva.

Si sentono le bobine scorrere e iniziano le immagini di quel giorno. La prima ripresa del 6 aprile è un mandorlo in fiore ed un uccellino che cinguetta. Mi fa uno strano effetto questa ripresa.

Che strana scelta quella di Giacinto: attorno a lui tantissime macerie ma la prima cosa che inquadra è un mandorlo in fiore. Proprio il mandorlo, quell’albero che fiorisce per primo e annuncia la primavera. “Non è niente di che, è qualcosa che ti viene al momento” mi dice commosso mentre rivede quelle immagini.

Il resto del pomeriggio è un susseguirsi di frammenti dolorosi ma belli, come la convivialità tra i vicini di casa il giorno di Pasqua, oppure il parrucchiere improvvisato nel cortile di casa. Giacinto continua a farmi vedere quello che ha filmato in quelle settimane. Si fa sera.

Mentre torno a casa non riesco a non pensare a quel mandorlo in fiore. 

Messo lì, tra le ferite di tante persone, come per dire che non è la fine, come per dire che non è tutto distruzione e morte, come per dire che nel rumore del cuore una speranza c’è.

Luca Mondellini, allievo del corso di Reportage della sede Abruzzo del Centro Sperimentale di Cinematografia

Marco Tajè
direttore@legnanonews.com
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Pubblicato il 06 Aprile 2019
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