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La parabiaghese Sarah Giampietro all’ONU per il Sahara Occidentale

La 27enne ha dato voce alla battaglia per il riconoscimento della repubblica del Sahara Occidentale

(c.l.) Da Parabiago alle Nazioni Unite. Sarah Giampietro, 27 anni ed ex candidata al Parlamento con il Movimento 5 Stelle, ha preso la parola al palazzo dell'ONU di New York per dare voce alla battaglia per il riconoscimento della repubblica del Sahara Occidentale. Il Sahara Occidentale è stato una colonia spagnola fino al 1975, quando con la Marcia Verde il Marocco cacciò gli iberici. Nel 1976 il Fronte Polisario dichiarò l'indipendenza e la nascita della Repubblica Democratica Araba Sahrawi, non riconosciuta dal Marocco, potenza occupante. Anni di guerriglia seguirono. La pace arrivò nel 1991 con la promessa da parte del Marocco di un referendum per decidere le sorti del Sahara Occidentale. Referendum che però non ha ancora avuto luogo.

Con quattro minuti di tempo a disposizione la parabiaghese, membro del Western Sahara Resource Watch dal 2016, ha letto la sua petizione. «Ho partecipato ai lavori della IV Commissione perché sono stata invitata dalla rappresentanza diplomatica del Fronte Polisario a Roma – ci racconta Sarah Giampietro -. Per ultimo, ero molto emozionata e allo stesso tempo carica perché sapevo che con il mio intervento parlavo per un popolo che da 40 anni è sotto occupazione illegittima e facendo i nomi delle società che investono nei territori occupati ho voluto mandare un messaggio forte e chiaro: che noi sappiamo e denunciamo chi agisce in violazione della legalità internazionale».

 

Di seguito riportiamo il testo integrale della petizione letta da Sarah Giampietro all'Onu.


Signor Presidente, illustri delegati,
Il mio nome è Sarah Giampietro, dall’associazione Western Sahara Resource Watch. Siamo una coalizione internazionale non governativa di organizzazioni e individui che lavorano per la protezione delle risorse naturali nel Sahara Occidentale.

Prima di tutto, vorrei ringraziarvi per avermi dato l’opportunità di parlare qui oggi. In questi pochi minuti tratterò della profonda connessione tra lo sfruttamento delle risorse naturali nel Sahara Occidentale e l’occupazione militare marocchina, che di fatto sono legati: il primo non può essere interrotto se il secondo non è terminato.

Ecco perché sono qui oggi: per invitare le Nazioni Unite a garantire che si trovi una soluzione per arrestare e impedire alle imprese straniere di esplorare e sfruttare le risorse naturali del Sahara Occidentale, incuranti dei desideri e degli interesse del popolo Saharawi.

Il territorio e la costa del Sahara Occidentale hanno grandi quantità di due risorse naturali, fosfati e pesci, così come una quantità indeterminata di petrolio e di gas. Gli investimenti marocchini finalizzati a facilitare lo sfruttamento delle risorse naturali devono essere considerati come un ostacolo alla liberazione di un territorio occupato dalla forza.

Questi investimenti contribuiscono ad intrecciare più fortemente l’economia del Sahara Occidentale nell’economia del Marocco. Oggi, nel 2018, il Marocco sta ancora violando il diritto umano dei Saharawi, privandoli dei propri mezzi di sussistenza. Non possiamo tollerare questo atto vergognoso.

Oggi sono qui come italiana, come cittadina europea e in vista delle recenti sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, il ruolo delle imprese europee è particolarmente problematico. Il Marocco ha incoraggiato lo sviluppo di progetti energetici nel Sahara Occidentale. Questo è fatto principalmente da Siemens e Enel – quest’ultimo dal mio paese, l’Italia. Questi progetti hanno sollevato numerose polemiche dai cittiadini Saharawi che non hanno, chiaramente, acconsentito a tale operazione, sostenendo giustamente che questi progetti intensificano l’occupazione del Sahara Occidentale e contribuiscono al saccheggio delle risorse. Per esempio, l’infrastruttura energetica di Siemens fornisce oltre il 95% dell’energia necessaria per lo sfruttamento minerario del Marocco nel territorio. Entro il 2020, più di un quarto di tutta la produzione di energia verde del Marocco sarà situata nel Sahara Occidentale. Siemens ed Enel sono quelle più coinvolte.

Dal mio paese, si può anche trovare Fratelli D’amato avere la partecipazione a un trasporto di roccia di fosfato dal Sahara occidentale occupato. Fratelli D’amato è una compagnia di navigazione italiana con sede a Napoli. La società nel marzo 2017 ha spedito circa 75.000 tonnellate di roccia di fosfato destinata al porto di Geismar, Stati Uniti, a bordo della nave F. D. Angelica. WSRW ha ripetutamente chiesto a Fratelli D’amato una spiegazione, ma nessuna risposta alle nostre mail è mai arrivata.

Infine, vorrei sottolineare il ruolo molto problematico dell’industria agricola neozelandese. Due aziende neozelandesi, Ravensdown e Ballance Agri-nutrients, sono ora gli unici due clienti mondiali di roccia di fosfato dal Sahara Occidentale occupato. Da 15 importatori globali nel 2012, il numero di clienti globali di esportazioni illegali marocchine è ora sceso a tre, due dei quali sono dalla Nuova Zelanda. Molte delle aziende che se ne sono tirate fuori hanno dichiarato che la loro scelta è stata dovuta alle preoccupazioni per i diritti dell’uomo o del diritto internazionale. Ballance agri-nutrients e Ravensdown non hanno mai risposto alle domande poste dalWSRW per quanto riguarda ciò che hanno fatto per ottenere il consenso del popolo Saharawi.

Sarah Giampietro

Redazione
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Pubblicato il 18 Ottobre 2018
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