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Migranti in paese, si torna a parlarne in un’assemblea pubblica

Sala consiliare affollatissima per l'assemblea pubblica dedicata al tema dell'accoglienza dei profughi.

«Il paese è piccolo e la gente mormora» era uno dei cavalli di battaglia del “Carlino” di Giorgio Faletti che negli anni ’80 ha spopolato grazie a Drive In. Busto Garolfo piccolo come la Passerano Marmorito del tormento certamente non è, ma non c’è dubbio che ieri sera, lunedì 22 maggio, la gente abbia mormorato durante l’assemblea pubblica dedicata al tema dell’accoglienza dei profughi.

La scorsa settimana è scattata l’ora X per la firma del Protocollo per l’accoglienza diffusa dei richiedenti asilo (qui il servizio) e anche Palazzo Molteni è tra i 76 Comuni che hanno deciso di sottoscrivere il documento. «Non è una decisione nata dall’oggi al domani – ha spiegato il sindaco Susanna Biondi –, ma è frutto di molto lavoro, che va avanti da più di un anno e che ha coinvolto soprattutto i Comuni dell’Alto Milanese. Abbiamo scelto con convinzione di aderire al Protocollo, non perché ci siamo lasciati guidare da convinzioni personali ma perché abbiamo ragionato prima di tutto per tutelare la comunità e non esporla a rischi che altrimenti sarebbero stati difficili da gestire». L’arrivo dei cittadini stranieri, infatti, «è ormai un dato di fatto – come ha evidenziato l’inquilina di Palazzo Molteni –, e non solo per i Comuni che hanno firmato il Protocollo: la scelta di non firmare, infatti, non esclude l’arrivo di richiedenti asilo. La nostra scelta è stata quella di sottoscrivere il documento proprio perché in questo modo potevamo gestire il problema e tenerlo sotto controllo».

«Con il Protocollo – ha infatti proseguito il sindaco Biondi – ci prendiamo delle responsabilità ma abbiamo anche delle certezze: prima di tutto il numero dei richiedenti protezione internazionale viene immediatamente dimezzato, passando al 50% di quanto previsto dall’accordo ANCI-Viminale (2,5 richiedenti asilo ogni mille abitanti, ndr). In questo modo saranno 19 i profughi che arriveranno a Busto Garolfo e non 38. Soprattutto, chi firma il protocollo viene immediatamente escluso da ulteriori bandi che potrebbero portare a numeri ben più ampi, magari tramite collocazioni in aree dismesse o in tendopoli, creando situazioni esplosive per chi deve accogliere».

«Sottoscrivendo l’accordo, inoltre – ha aggiunto l’assessore alle politiche sociali Stefano Carnevali –, ci siamo assicurati che i gruppi di immigrati che arriveranno avranno provenienza omogenea, garantendo una maggior gestibilità per noi e migliori condizioni anche per loro stessi, evitando rischi di ghettizzazione. I cittadini stranieri, poi, potranno essere coinvolti in lavori di pubblica utilità, per non lasciarli con le mani in mano e in una giusta ottica di restituzione. L’attività del Comune non comporterà costi vivi, ma si concentrerà nel sensibilizzare i proprietari con abitazioni sfitte, che potranno decidere di entrare in rete con le associazioni del terzo settore e saranno retribuiti per l’ospitalità. Certo non sarà una retribuzione elevata, ma sarà sicura, e c’è l’impegno a restituire l’abitazione nelle condizioni in cui è stata resa disponibile. La vera sfida – ha concluso l’assessore – è la gestione dei rapporti con tutta l’immigrazione presente sul territorio, la penetrazione in queste comunità e la creazione di un dialogo, e va ben al di là di questi 19 profughi».

«Non stanno arrivando dei criminali – è stato l’appello del parrocco, Don Ambrogio –, stanno arrivando delle persone. Sarà importante guardarle come persone, uguali e precise a noi. Se si supererà il primo muro, ci sarà un interscambio di valori che ci arricchirà e ci farà crescere. È una sfida di civiltà quella che stiamo incontrando, e dobbiamo essere capaci di aprirci all’incontro».

Non si tratterà, in ogni caso, di un’accoglienza “passiva”, come hanno spiegato Valerio Pedroni e Paola D’Ambrosio della Fondazione somaschi, realtà che fa dell’accoglienza residenziale alle fragilità sociali del nostro tempo la propria mission. «L’obiettivo – spiegano infatti dalla fondazione – è quello di accompagnare i ragazzi ad un’autonomia personale con percorsi educativi decisi insieme a loro. Devono imparare a vivere sul territorio in cui abitano, e noi operatori cerchiamo di sostenerli nel loro progetto migratorio, soprattutto entrando in rete con il territorio che li accoglie. Soprattutto all’inizio, quando non hanno un lavoro, un ruolo fondamentale è quello del volontariato sociale. Dobbiamo metterli nella condizione di avere giornate impegnate, e far sì che il loro impegno sia nel senso di acquisire competenze come la lingua e di essere una risorsa per la comunità. I ragazzi così stanno meglio, e la cittadinanza ha forze che aumentano e non tolgono nulla al bene comune». 

Tutto a posto, quindi? Non proprio, o meglio non per tutti. Se già durante la parte informativa della serata qualche mormorio tra il pubblico non è mancato, quando si è aperta la fase delle domande, il mormorio è diventato una vera e propria voce, in qualche caso anche piuttosto concitata. 

A partire dalla scelta di tenere l'assemblea dopo la firma e non prima, che a qualche cittadino non è andata giù. «È l’amministrazione che si doveva prendere la responsabilità di questa scelta – è stata la replica di Susanna Biondi –, e nei tempi e nei modi dettati dalla Prefettura noi ce la siamo presa. Chi amministra un Paese è stato democraticamente eletto, e quando è stato eletto si è preso delle responsabilità». 

Per continuare con altre perplessità, che per la verità tengono banco già da tempo, e non solo a Busto Garolfo. Come la clausola del documento che permette di rivedere i "numeri" degli arrivi in situazioni emergenziali. O le garanzie che ci sono dal punto di vista sanitario. O ancora la certezza dello status di richiedente asilo di chi verrà accolto. 

«Busto Garolfo chiederà l’ampliamento del progetto SPRAR che è già presente sul territorio del piano di zona – ha chiarito la prima cittadina –, quindi noi puntiamo a posizionarci sulla seconda accoglienza, ospitando persone cui già è stato riconosciuto lo status di rifugiato. Vero che il Protocollo mantiene un margine, ma rimanendo su flussi prevedibili la nostra accoglienza si fermerà al 50%, mentre a chi non ha firmato toccherà la quota intera. Se poi dovesse succedere il finimondo, ci dovremo ripensare tutti». «Dal punto di vista sanitario – ha poi chiarito Paola D'Ambrosio – i ragazzi seguono un protocollo preciso, anche dal punto di vista vaccinale, con adeguati controlli».

Per finire con qualche richiesta di informazioni "concrete", come l'eventuale disponibilità di abitazioni sfitte già avanzata, le conseguenze qualora queste abitazioni non si dovessero trovare, e le risorse che verranno messe a disposizione dei privati che sceglieranno di aderire.

«Per ora abbiamo il compito di monitorare mensilmente eventuali disponibilità – ha spiegato l'inquilina di Palazzo Molteni –, la Prefettura non pretende che dall’oggi al domani vengano trovati tutti i posti. Se tra sei mesi non avremo fatto nulla, saremo inadempienti e potremmo perdere i vantaggi del protocollo». «Il contratto di affitto viene intestato direttamente all'associazione del terzo settore – ha spiegato Valerio Pedroni -, quindi a realtà solide: si verrà pagati e lo stabile verrà restituito in condizioni non peggiori di quelle in cui è stato lasciato ed anzi tendenzialmente migliori. Quanto alle risorse economiche riconosciute al privato, il range è dai 50 ai 100 euro a posto letto mediamente». 

Tra voci a favore e voci contrarie, ad ogni modo, «tranne qualcuno venuto da fuori, la comunità ha dimostrato di comprendere – ha concluso il sindaco Biondi –. La capacità di accogliere e di integrare sta nella storia di Busto Garolfo, figuriamoci se non saremo splendidi anche in questo caso».

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 23 Maggio 2017
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