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28 aprile 1945: oggi, 72 anni fa

Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli ripercorrono gli eventi del 28 aprile 1945 a Legnano.

28 aprile. Ore 5 di mattina.

I partigiani il 24-25- 26 aprile avevano sconfitto fascisti e tedeschi che dopo aspre e sanguinose battaglie si erano arresi, Legnano era imbandierata, le luci notturne nelle strade erano finalmente accese dopo anni di oscuramento, ma… «Ma non tutto era ancora finito – afferma Samuele Turconi, Comandante della 101^ Brigata Garibaldi GAP di Legnano Mazzafame e Gorla Maggiore, nell’intervista pubblicata su “Giorni di guerra. Legnano 1939-1945” –. Arrivò da una staffetta la notizia che una colonna di tedeschi proveniente da Oleggio si dirigeva su Busto Arsizio. Partii immediatamente con altri partigiani con l’intento di recarci al più presto nella zona e per intercettare la colonna».

I tedeschi in ritirata cercavano presumibilmente di spostarsi verso Milano e da qui verso Como, per riunirsi alla colonna in cui si trovava Mussolini, proveniente da Dongo, e raggiungere insieme la frontiera con la Svizzera.

Numerosi testimoni di Vanzaghello ricordano nel libro “L’è ura da sta in pas” che «già all'alba del 28 aprile si udivano in lontananza spari e cupi rimbombi. … La colonna era imponente e faceva paura. É pensabile fosse lunga qualche chilometro. C'erano centinaia di automezzi, carri e autocarri di munizioni (ce n’erano anche da 90 mm per cannoni) e di viveri, militari in assetto da guerra, mitragliatrici, contraerea, lanciarazzi e bombe a mano». C’era anche una parte someggiata, con «cavalli … possenti, con grossi zoccoli e di razza romena» che trainavano carri stracarichi di munizioni e viveri.

«Quel 28 aprile la colonna aveva oltrepassato Inveruno bombardandone il campanile. Aveva poi oltrepassato Castano uccidendo una donna affacciata alla finestra di casa e si era infine diretta verso Vanzaghello imboccando la via Novara. … La colonna avanzava lentamente, sparando a casaccio, da lontano e in alto, diversi colpi…».

Samuele Turconi era pertanto deciso a fermarla perché non raggiungesse Legnano: «Ci attestammo in una cascina sulla strada che entrava in Busto. Corno Alberto e Bigatelli piazzarono una mitragliatrice Breda, pronti a far fuoco all’apparire dei tedeschi».

C’è una sproporzione enorme tra le forze tedesche e quelle partigiane! Luciano Vignati (nome di battaglia Claudio), Comandante di zona degli “azzurri” della Alfredo Di Dio era presente quando Samuele Turconi e i suoi uomini sono andati incontro alla colonna: «Un pugno di uomini su un camion con una mitragliera a quattro canne è davanti all’avversario. Una raffica. Il Comandante scende dal camion e intima l’alt. “Noi volere passare!” “Ho l’ordine del mio Comandante di non lasciare passare nessuno” è la risposta. La colonna si arresta».

Lo stesso Turconi ricorda: «I tedeschi si fermarono a circa 200 metri da noi dopo che gli sparammo contro una raffica di mitra. Subito dopo cominciò la trattativa tra due ufficiali tedeschi e l’ufficiale italiano. Poi arrivarono in seguito Marcora con un gruppo di altri partigiani ed un ufficiale d’artiglieria dell’esercito. La trattativa proseguì sino verso le undici quando fummo sorvolati da un trimotore con le insegne tedesche cancellate. Secondo il mio amico Cozzi era il capitano Marcati che sorvolava la zona».

Intanto Luciano Vignati fece suonare le campane per richiamare gente: questo stratagemma avrebbe potuto far credere ai tedeschi che i partigiani fossero molti di più di quanto non fosse in realtà. Da nord stavano arrivando anche le formazioni garibaldine piemontesi del leggendario Cino Moscatelli, dirette a Milano. Avvisato, Moscatelli fece passare e ripassare le camionette facendo più rumore e confusione possibile, per ingannare i tedeschi sulle reali forze in gioco.

«A quel punto – testimonia Turconi – il Comandante tedesco si decise ad accettare la resa ed a rinunciare a proseguire per la via del Brennero. Fu una fortuna perché erano ancora ben armati e se avessero voluto combattere sarebbero stati per noi guai seri. Dopo pochi attimi ed improvvisamente [il Comandante] si suicidò sparandosi alla tempia con la pistola d’ordinanza».

Non ci sono stati altri morti o feriti, il coraggio di Samuele Turconi e dei suoi uomini aveva fermato la colonna con una mitragliata volutamente sparata in aria, l’arrivo in forze degli “azzurri” di Giovanni Marcora e dei “rossi” garibaldini di Moscatelli, uniti ai partigiani “azzurri” di Busto del Comandante Vignati e ai garibaldini di Legnano del Comandante Mario Cozzi (Pino) e l’astuto bluff aveva scongiurato una strage.

Ci sono ultimamente pareri contrastanti sulle generalità del Comandante, ma allora tutti erano concordi nell’identificarlo nel famoso Comandante Stamm e la colonna passò alla storia col nome di “Colonna Stamm”.

Adesso, solo adesso era veramente finita. Ora bisognava pensare al futuro. «L'attività del CLN non cessò dopo la Resistenza. La guerra era passata ed aveva spazzato via tutta l'organizzazione nazionale; non c'era più niente che funzionasse; la gente aveva fame e freddo e non c'erano i generi alimentari ed il combustibile – riassume Giovanni Brandazzi, Presidente del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) di Legnano in un’intervista del 1975 –. Tornavano i partigiani dalle montagne ed i reduci dai campi di concentramento. Bisognava accogliere tutta questa gente e rifornirli di scarpe e denaro». Il CLN riuscì a fare grandi cose, grazie alla collaborazione da parte di tutti. 

«E però dopo, a poco a poco, sono stata delusa – afferma con amarezza l’allora giovanissima partigiana Iole Legnani –. Eh, un pochino. Un po’ delusa perché allora la gente si imprestava, si faceva, si occupava… e poi tutto, tutto è sparito… prima si andava alle riunioni…» E il marito, il giovane partigiano Ferdinando Legnani lo conferma: «Eh, l’egoismo umano è tornato fuori…» E anche la partigiana, molto più che staffetta, Piera Pattani, allora 16enne ora 90enne, in una recente intervista afferma: «Sono delusa, per i morti che abbiamo avuto, … per i miei compagni che ho visto picchiare, … non vedo … portare avanti la lotta che noi abbiamo fatto: quasi quasi la Resistenza scompare in niente, e noi abbiamo rischiato la vita!»

Già, tanta gente ha rischiato la vita per donarci la Libertà e ora tocca a noi difenderla. Essere “partigiani” è uno stile di vita, significa essere onesti, generosi, solidali, coraggiosi… Siamo noi, oggi, le ultime "staffette", che, come recita la canzone, «sono quelli dell’ottavo chilometro, partigiani una volta partigiani per sempre e l’alba li attende sul sentiero che passa e che va. Da qui, da qui fino all’eternità».

Partigiani, per sempre!

Renata Pasquetto e Giancarlo Restelli

Leda Mocchetti
leda.mocchetti@legnanonews.com
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Pubblicato il 28 Aprile 2017
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