Amanti del cibo speziato e delle fritture, fate attenzione! Da cosa vi stiamo mettendo in guardia? Dal rischio di commettere un reato e di finire a risarcire i vicini di casa. Dopo una recente sentenza della Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, infatti (n. 14467/2017), il passo dalle prodezze ai fornelli alle molestie olfattive si è fatto più breve.

Le liti fra dirimpettai, si sa, sono all'ordine del giorno, e non c'è limite ai motivi che possono accendere delle vere e proprie guerriglie di pianerottolo. Ma adesso, sulla testa di chi è solito friggere qualunque cosa stia ferma abbastanza a lungo da dargliene il tempo, pende una nuova spada di Damocle: la molestia olfattiva, reato inquadrato nel "getto pericoloso di cose".

Tutto nasce da uno "scontro" tra vicini in un condominio in provincia di Gorizia, dove gli inquilini del piano terra, con le loro abitudini culinarie, provocavano «continue immissioni di fumi, odori e rumori» all'alloggio soprastante, finendo così per imbrattarlo. La vicenda è passata dal Tribunale di Gorizia prima e dalla Corte d'Appello di Trieste poi, per finire la sua corsa in Cassazione.

Tesi dell'accusa – ardita ma non troppo, perchè qualche precedente giurisprudenziale si era già visto negli anni scorsi – ,  che l'emissione di odori molesti rientri, appunto, nel "getto pericoloso di cose". E gli Ermellini, questa tesi, l'hanno accolta: il getto pericoloso di cose, infatti, comprende anche le emissioni olfattive moleste, cioè i cattivi odori, per intenderci. 

Certo, non qualunque cattivo odore, ma quelli che superino la soglia della normale tollerabilità per i vicini di casa: insomma, non basterà dire che dall'appartamento del vicino arriva "puzza", bisognerà anche provarlo. Ma per chi ha la mano pesante con spezie ed aromi, da qualche giorno c'è un motivo in più per stare in guardia.