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La “Carapelli” chiude: sindacati e lavoratori in protesta

Lo storico oleificio "Carapelli" chiude la sede produttiva a Inveruno, a rischio 98 lavoratori...

Sono 98 i posti di lavoro a rischio alla "Carapelli" di Inveruno. Il Gruppo spagnolo Deoleo, proprietario dei marchi Carapelli, Sasso e Bertolli, ha annunciato la chiusura del reparto produttivo.

Come conferma Jorge Torre segretario generale della Cgil Ticino-Olona è da diversi anni che dipendenti e sindacati lamentavano la mancanza di un serio piano industriale. Voce inascoltata, in quanto quello che si profila all’orizzonte è la chiusura definitiva di un sito produttivo presente sul territorio dagli anni Novanta.

La richiesta formulata dai sindacati e lavoratori è quella di un’apertura di un tavolo di confronto con il cda per impedire (o limitare) lo smantellamento pezzo dopo pezzo dei reparti. «Lo scorso venerdì 28 ottobre, la proprietà ci ha comunicato di aver avviato la procedura per licenziare 98 lavoratori su 136 con relativa mobilità – spiega il sindacalista -. Non abbiamo perso tempo, parallelamente ci siamo attivati per contattare le forze politiche e ministeriale interessati. Il nostro obiettivo è mantenere attivo il centro di Inveruno e i posti di lavoro. Parliamo di uno stabilimento che coinvolge 210 dipendenti tra diretti e indotto».

I lavoratori e i sindacalisti non si sono persi d'animo e durante l'assemblea tenutasi oggi, mercoledì 2 novembre, hanno deciso di effettuare, venerdì 4 novembre, un presidio ai cancelli della fabbrica e un corteo, dallo stabilimento sino al Municipio, dov'è in programma un consiglio comunale aperto che si terrà alle 17. «Non ci fermiamo – afferma il sindacalista -. Il prossimo incontro che terremo con la proprietà sarà in sede sindacale poi, si andrà a Roma. Ma confidiamo nel Mise: le forze politiche in questi giorni hanno dimostrato un certo interesse. Questa è una ditta storica che va mantenuta».

Dello stesso parere il collega sindacalista Giuseppe Oliva segretario della Cisl Milano Metropoli che ha commentato «Non è accettabile che sia ancora l’Alto Milanese a dovere pagare un tributo così alto in termini di posti di lavoro. Soprattutto spiace dovere rimarcare come decisioni così importanti per questa zona vengano prese altrove. Anche perché la congiuntura economica negativa non è stata ancora del tutto superata. A questo punto – conclude Oliva – mi auguro che accanto alle manifestazioni di solidarietà ci sia un’azione tangibile a tutti i livelli istituzionali per evitare che la scelta della proprietà spagnola diventi realtà».

Sulla questione è intervenuto anche Alessandro Marchesetti, segretario generale della Fai Cisl di Milano «La scelta dell’azienda è inaccettabile e sorprendente. La decisione è stata presa a Madrid, senza pensare alle drammatiche ripercussioni che avrà sui lavoratori, sulle loro famiglie e sull’indotto del territorio. Non devono essere i dipendenti a pagare le difficoltà del Gruppo, determinate da azioni sbagliate da parte dei vertici».

Gea Somazzi
gea.somazzi@legnanonews.com
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Pubblicato il 03 Novembre 2016
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