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Addio a Piero Viotto, il ricordo di don Samuele

Lo studioso si è spento ieri, mercoledì 4, a Varese - Il don originario di Cerro, suo amico, lo ricorda così...

Addio a Piero Viotto. Si è spento ieri, mercoledì 4, a Varese uno dei più autorevoli interpreti e studiosi del pensiero del filosofo Jacques Maritain nel mondo, che fino all'ultimo, anche all'età di 92 anni, non ha smesso di scrivere e studiare. Nato a Torino, il filosofo e pedagogista ha lasciato un grande segno nella Città Giardino: per 20 anni ha diretto il liceo Manzoni.

Il cerrese don Samuele Pinna, suo amico e "compagno di studi", lo ricorda come un «uomo di altri tempi», «più attento agli altri che a se stesso», «un maestro, un amico e un testimone luminoso della fede».

Di seguito ecco il ricordo integrale a firma di don Samuele Pinna.


Piero Viotto (Torino, 16 aprile 1924 – Varese, 4 gennaio 2017) è stato un uomo di altri tempi e non soltanto perché era nato nel 1924, ma a motivo della sua caratura umana e spirituale unita a quei valori cristiani che ha incarnato, vissuto e testimoniato nella sua vita. Tra i massimi conoscitori del pensiero di Jacques Maritain ha dedicato anzitutto la sua esistenza all’approfondimento del pensiero, così ricco e articolato, di questo filosofo francese unito ad altre insigne figure, quali – per esempio – Paolo VI, Charles Journet, Marie-Dominique Philippe, De Gasperi. Una ricerca scientifica, la sua, non fatta semplicemente di nozioni e di discussioni fini a se stesse, ma che gli hanno permesso di abbracciare, per quanto possibile, quel sapere umano che porta ed eleva alla sapienza rivelata. Questo cammino di verità l’ha vissuto in pienezza attraverso una coscienza intellettuale onesta e formidabile insieme a una fede genuina e capace, davvero, secondo la parola del Cristo, di spostare le montagne. A questo punto, se fosse qui con me (ma lo è nel Signore!), mi avrebbe già rimproverato per questi elogi, lui che ha passato la sua esistenza a crescere ed esercitarsi nella virtù dell’umiltà. Ho in mente, a tal proposito, l’ultimo insegnamento svoltosi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il 14 novembre dell’anno scorso, in cui dinnanzi ai riconoscimenti si schermiva, più attento agli altri che a se stesso. Mi aveva colpito in quell’occasione – e glielo avevo detto con gioia mentre lui in risposta mi ringraziava per la mia non significativa partecipazione –, oltre al rispetto e al giusto merito riconosciuto dai colleghi docenti, l’affetto di decine e decine di giovani che gli si sono stretti intorno intravvedendo in lui un maestro che è, in realtà, un testimone. «I maestri – ha scritto a tal proposito – si fermano a spiegare l’oggettività del sapere, trasmettono cognizioni, ma sono i testimoni che le trasformano in convinzioni, per le quali vale la pena vivere e morire, ma le convinzioni morali bisogna che siano anche cognizioni vere». Un abbraccio, quello di allora, che oggi faccio mio, perché a Piero – e desidero di cuore ricordarlo pubblicamente – devo molto, riconoscendo come gli incontri siano provvidenziali e mai casuali.

Ho iniziato a studiare il pensiero di Charles Journet (ovvero la parte teologica rispetto a quella filosofica di Maritain, di cui era uno degli amici più cari) spinto dal cardinal Giacomo Biffi e sostenuto dal cardinal Georges Cottier (altri giganti del pensiero da poco scomparsi). Fin da subito, però, Piero è stato un aiuto insperato e indispensabile. Quando lo definivo mio “maestro” mi sgridava bonariamente e a poco a poco mi ha fatto sempre più sentire alla pari con lui, tenendo in seria considerazione anche i miei piccoli progressi rispetto alle sue enormi acquisizioni. In questi ultimi anni ci ha unito, infatti, una stretta collaborazione dove non solo ci correggevamo a vicenda gli scritti, ma qualcuno l’abbiamo composto insieme, condividendo diversi approfondimenti e prospettive.

Piero Viotto è stato per me davvero un maestro, un amico e un testimone luminoso della fede. Se ho parlato già del suo essere maestro non posso tacere quello che ripeteva in più occasioni: «ai giovani – diceva – bisogna insegnare a filosofare, affinché possano cogliere la verità ovunque essa si trovi».

È stato, inoltre, un amico vero, di quelli rari e pertanto un dono prezioso, non solo perché ci si contattava spesso e mi sosteneva in ogni mio progetto o mi includeva nei suoi, ma perché mi sono sentito voluto bene, stimato e incoraggiato. Piero non faceva mai pesare su di me la sua immensa cultura, ma mostrava un vivido ossequio dinnanzi al mio sacerdozio. Mi ripeteva che dovevo diventare il massimo conoscitore del pensiero di Journet e mi aiutava il più possibile affinché questo accadesse. Voleva poi che portassi avanti la sua opera: così mi disse anche nella nostra ultima telefonata avvenuta il 3 gennaio e io mi schermivo ripetendogli che l’avrebbe sicuramente conclusa lui.

È stato infine, tra i tanti aspetti che si possono ricordare di lui, un testimone dalla fede schietta, concreta e tesa alla ricerca della Verità: chiosando Maritain – come ricordano gli amici –, egli amava descriversi: “Duro di testa, dolce di cuore”. La sua è stata – come ha scritto egli stesso in riferimento ai coniugi Maritain – «la santità dell’intelligenza, che cerca la verità e la pratica nell’amore».

Oggi avverto tutta la fatica del distacco umano, perché sento di aver perso un maestro, un amico e un vero testimone della fede. Ma soprattutto percepisco nel profondo del mio intimo la sofferenza di essere diventato orfano di un padre nel pensiero. Lo so, Piero mi sgriderebbe ancora con durezza unita a inusitata dolcezza per queste parole insipienti: lui è infatti vivo in Gesù Cristo ed è vicino a me e a tutti i suoi cari in un modo ancora migliore. Ne sono di certo convinto: la morte è solo un passaggio per approdare a una vita di beatitudine, di pienezza di essere, di amore infinito.

Se la morte ha regnato, ci insegna san Paolo, è stata invero sconfitta: allora per noi cristiani non soltanto la morte è un fatto naturale – prima o poi tocca a tutti passare per questa esperienza –, ma lo è anche e soprattutto la risurrezione. Gesù Cristo ha infatti assunto su di sé la morte, è passato tra l’atrocità del dolore e dell’abbandono e ha vinto la morte, associandoci al suo atto redentivo.

Oggi sono certo che Piero è vivo e se la morte l’ha colto all’improvviso e come un santo qual è stato (perché i santi muoiono in questo modo!), egli è giunto, dopo una vita di carità intellettuale, a contemplare eternamente ciò che, nella verità, aveva pregustato e annunciato nella e con la sua esistenza terrena e cristiana.

Ringrazio, dunque, il Signore per il dono che è stato per me e per coloro che hanno avuto il privilegio di conoscere Piero Viotto, mediante la sua persona o accostandosi ai suoi scritti. Sono persuaso che abbia realmente fatto suo il monito di san Paolo: «il vostro parlare sia sempre con grazia, condito di sapienza, per sapere come rispondere a ciascuno» (Col 4, 6).

Don Samuele Pinna

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Pubblicato il 05 Gennaio 2017
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