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Non ti riconosco più… Storie di solitudine

"Sei cambiato!", "Non sei più quella di prima"...

"Sei cambiato!", "Non sei più quella di prima", "Non so più chi ho di fianco!" … Si potrebbe continuare a lungo nell'elenco di frasi analoghe. Il significato non cambierebbe.
Scambi simili non sono certo infrequenti nella vita di una coppia. Ovviamente dietro di essi si nascondono molteplici significati, perlopiù unici.

Vi è capitato di pensarlo almeno una volta in una relazione affettiva che avete vissuto? Vi è capitato di averlo detto?
Potete ricordare cosa sentivate?
Sarebbe corretto dire che, quella volta, nonostante foste in due vi siate sentiti soli?

La solitudine, di fatto è un elemento intrinseco la vita di coppia e ineliminabile. Rassegniamoci, se tra i nostri progetti c'è quello di trascorrere la maggior parte dei nostri giorni accanto ad un partner, vivremo questa condizione.
L'evoluzione della coppia, infatti, prevede l'emergere delle differenze individuali. Una buona coppia non si misura dall'assenza di esse, quanto dalla capacità di rendere la composizione delle individualità armonica, ovvero di far sì che le differenze rappresentino una risorsa per i partner e non un limite.

All'inizio si è naturalmente ciechi di fronte a quegli aspetti del partner che disconfermano l'attesa di un rapporto totalizzante, è perfettamente normali che si viva la chiara percezione di essere simili: "anime gemelle". Ma è altrettanto chiaro che questa condizione è transitoria.
Quando si incomincia a percepire la diversità che c'è tra di me e l'altro si aprono due vie possibili: riconoscerti e accettarti per quello che sei, o cercare di omologare il partner nel tentativo di ricreare l'armonia perduta.
Ovviamente solo una delle due scelte favorisce la sana convivenza, comunque è previsto un cambiamento, o personale o imposto all'altro.

La solitudine è difficile da tollerare in questo caso, perché va al di là di una scelta o una disposizione personale, è invece un processo di disillusione, di "paradiso perduto", di smarrimento del significato originario del nostro stare insieme. In questo senso sono comprensibili i tentativi di ricondurre il partner (o la partner) a quello che da lui (o lei) mi attendo, benché non abbiano generalmente successo.
Quindi rileggiamo le prime affermazioni: "Sei cambiato!", "Non sei più quella di prima", "Non so più chi ho di fianco!" hanno senso se intese come un tentativo di chiederti ti tornare a essere quello di prima, di negare un cambiamento che, avvenuto, difficilmente potrà scomparire per un ritorno ad un tranquillizzante passato.
Hanno senso anche se le intendiamo come un tentativo per capire "chi sei diventato", per ridurre quella distanza che si è frapposta tra di me e te.

Sono diversi i motivi per cui sentirsi distanti. La vita ci cambia, cresciamo in una continua evoluzione di noi stessi. E non è affatto scontato che si cresca alla stessa velocità.
A volte, poi, è successo che solo uno dei due è cambiato e nella sua evoluzione personale abbia dato per scontato che l'altro lo seguisse, che invece dava per scontato che l'altro lo aspettasse.
Le strade prese, talora, sembrano così diverse che è così facile non riconoscersi più o non sentire più di "averti al mio fianco".

L'esigenza è ritrovarsi, cercando un nuovo modo per generare un "noi" che ci identifichi.
Parlate, non lasciate al silenzio il dovere di dire quanto non avete detto.
Trovate un nuovo bilancio con quello che ora siete, senza negare le differenze ma trovando quel modo in cui possano creare un nuovo accordo armonico.
Ricordate che così come ciascuno di voi cresce, altrettanto lo deve fare il vostro essere in due, forse avete preso strade diverse, ma ora cosa vi impedisce di creare un nuovo cammino?

Come sempre per qualsiasi commento, domanda o chiarimento vi invito a scrivermi.

Stefano Landoni
Psicologo Psicoterapeuta
info@studio-landoni.it
www.studio-landoni.it

Redazione
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Pubblicato il 24 Febbraio 2015
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