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Profughi: solo adesso i residenti “scoprono” una Medea in degrado?

25 Giugno 2016

Salve, visto che dopo la “fiammata” di interventi  dei giorni scorsi sull’ipotesi di utilizzo della scuola Medea, l’argomento sembra ritornare di attualità, vedi dichiarazioni dei consiglieri del 7 giugno, vorrei esprimere qualche considerazione sull’argomento.

In particolare mi ha fatto veramente tornare indietro nel tempo la lettera di un gruppo di residenti, considerato che per un decennio all’inizio degli anni ’70 sono stato anch’io un “ospite” di quel quartiere che allora si identificava con una comunità assolutamente periferica, ancora agricola, povera di servizi, mancava persino la parrocchia, caratterizzata solo dalla caserma e dall’accesso all’autostrada.

Proprio in quegli anni il quartiere visse una esplosione demografica che più che raddoppiò il numero dei residenti , costituita da immigrati meridionali, allora “politically correct”, semplicemente terroni.

Famiglie numerose, dialetti poco comprensibili, abitudini di vita difficili da integrare, anche invidie per l’assegnazione di  abitazioni nuove sicuramente migliori di quelle INA Casa preesistenti, un insieme di fattori che suscitarono in prima battuta sentimenti di allarme e di contrarietà in tutto simili a quelli espressi, nel 2016!, nella lettera degli attuali residenti del quartiere. Nei periodi di crisi l’equazione di pancia funziona sempre: Forestiero uguale minaccia se non delinquenza.

Nel merito, magari ci fossero state allora le numerose strutture sociali oggi a servizio del quartiere, eppure le amministrazioni comunali di allora, Accorsi e Poggi se non erro, dimostrarono per tempo ed efficacemente, pur nelle scarsità di disponibilità economiche, una visione lungimirante per favorire una migliore integrazione dei nuovi concittadini: prevenire per evitare ulteriori criticità come la microcriminalità che oggi viene lamentata ma già presente prima ancora che qualsiasi nuovo evento esterno possa esserne  imputato.

Un’attività esemplare che mi sembra doveroso citare fu quella del Campo Robinson, organizzato dal comune per accudire i “futuri cittadini” almeno nei periodi estivi: un paio di responsabili adulti e un manipolo di giovani più che volenterosi si trovarono a organizzare dal nulla (in verità da un campo di frumento appena trebbiato con una sola fontanella), un centro di accoglienza che combinava studio, sport, attività manuali, e che raccolse il consenso dell’intero quartiere oltre che dei diretti interessati, figli di quelle famiglie numerose di immigrati dove non trovavano le attenzioni  indispensabili per la loro età.

Nonostante gli iniziali timori, in breve nel quartiere si animò uno spirito collaborativo tra le famiglie residenti e anche tra le piccole attività commerciali, quasi di sfida nel fare del Campo Robinson un’esperienza di successo per il quartiere e per l’intera città, così come seguirono infatti i Campi dell’Amicizia in altre zone.

In sintesi la combinazione tra l’indispensabile intervento pubblico e la naturale attitudine “comunitaria” del quartiere consentì di fronteggiare e superare con successo una situazione di reale emergenza demografica e sociale.

Un’ultima considerazione volutamente polemica: la situazione di degrado progressivo del complesso Medea si trascina senza soluzione da ben più di un decennio, con continui palleggiamenti tra le amministrazioni dell'ex Provincia, Comune e nuova Città Mtropolitana. Nessun  politico che oggi interviene sul problema con chiare intenzioni elettorali si assume la minima responsabilità di un simile spreco di denaro pubblico. Nè brillano per attenzione quei residenti del quartiere che sembrano scoprire solo ora l’esistenza di una struttura già deteriorata che diventa “pericolosa” nell’ipotesi di un futuro utilizzo per l’accoglienza di richiedenti asilo.

Ha proprio ragione la Teresa Colombo: “Chi non ha Memoria non avrà Storia”.

Un ex residente del quartiere Canazza

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