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Libertà di parola: «Troviamo il coraggio di mettere “non mi piace”»

20 Gennaio 2015

Continua il dibattito sulla libertà di espressione dopo i terribili fatti di Parigi e di quelli drammaticamente in atto nel mondo. Dopo la riflessione di Don Fabio Viscardi, decano di Legnano e parroco dei Santi Martiri (Qui la lettera), ecco che si fanno avanti altre opinioni. Rosa Romano, personaggio carismatico nel mondo del volontariato legnanese, con una lunga lettera pone alcuni interrogativi: «La libertà di parola che sconfina nell’offesa più bieca, nella volgarità che fa male. Difficile cercare di arginare il fiume di violenza – scrive Romano – Ormai si è perso secondo me il senso del limite. Mi domando, come è possibile non definire alcune espressioni che si sentono e che si leggono sul web in particolare VIOLENTE?….E allora mi sono chiesta: Perché non troviamo il coraggio di mettere un NON MI PIACE nei commenti. Ognuno di noi può, se vuole, migliorare il clima sempre più inferocito che ci sta avvolgendo».

Di seguito la lettera integrale


 

Caro Direttore, 

 sono Rosa Romano

le mando questa mia semplice e breve riflessione. L’ho anche postata sul mio blog personale (blogdirosilde). I recenti fatti di Parigi hanno scatenato immediate reazioni di condanna e di sdegno per i delitti commessi.

Altrettanto immediata è stata la solidarietà, senza se e senza ma, verso il Giornale Charlie Hebdo.
A difesa  della libertà di espressione, pensiero e satira, unanime s’è alzato il grido “je Suis Charlie”, slogan nato nelle ore successive all’attentato e in poco tempo trasformatosi in una coro condiviso dal popolo del web, e non solo. Ma, come sempre, dopo la prima reazione a caldo, qualcuno  ha cominciato a fare domande, poi riflessioni per capire che cosa c’era dietro e dentro  quell’attentato.

Non bastava  annientarsi nel corteo dei ” je Suis Charlie”. Tra i nomi significativi che sul web hanno espresso il loro parere ho trovato interessante il post dello scrittore  Raul Montanari lui dice : La formula retorica “io sono Charlie Hebdo” ha fatto in fretta a diventare nauseante, a furia di vederla impugnata da personaggi ridicoli che nella loro vita non hanno mai rischiato niente e che fanno quello che fanno per semplice pigrizia, conformismo, opportunismo.

Però adesso gli intellettuali musulmani, gli imam, gli opinion leader islamici devono tutti dire che quello che è successo fa schifo e orrore, perché NON è vero che quello che è successo non c’entra nulla con l’Islam. Montanari considera, per me a ragione, nauseante e ridicola lo scimmiottamento fine a se stesso, senza una profonda riflessione, in questo caso molto, molto politica.

Alla sua voce se ne sono aggiunte altre, di vario tipo e con sfumature diverse, soprattutto dopo l’uscita del nuovo numero di Charlie Hebdo. Mario Giordano, giornalista, è tra questi e ufficialmente dichiara
"Scusate, ma devo dire una cosa un po’ difficile, forse persino un po’ dolorosa. Anche per me stesso. Però devo dirvela: è da stamattina che non mi sento più tanto Charlie. Anzi, proprio per nulla. Je ne suis pas Charlie. Je ne suis plus Charlie. Ne ho avuto la netta sensazione sfogliando il nuovo numero del settimanale satirico francese appena arrivato in edicola. Guardavo le pagine, diventate loro malgrado il simbolo della nostra civiltà offesa, e pensavo: ma possono essere davvero il simbolo della nostra civiltà offesa?"

Ma, non l’ho dimenticato, la voce più autorevole che ci ha invitato a riflettere sugli effetti di una eccessiva licenza-violenza verbale, e non, è stata quella del Papa.
Lui dice “Credo che la libertà religiosa e la libertà di espressione siano entrambe diritti umani fondamentali. Ognuno ha diritto di praticare la propria religione senza offendere. Non si può fare la guerra, uccidere in nome della propria religione, cioè in nome di Dio. Questa è un’aberrazione. D’altra parte ognuno non solo ha la libertà e il diritto, ma anche l’obbligo di dire quello che pensa per aiutare il bene comune. Ma senza offendere… Non si può provocare, non si può insultare la fede degli altri, non si può prendere in giro la religione degli altri. C’è tanta gente che sparla delle religione, le prende in giro, “giocattolizza” la religione degli altri, questi provocano le persone… C’è un limite. Ogni religione che rispetti la vita e la persona umana ha dignità. E io non posso prenderla in giro. Questo è un limite. “.

E qui mi sono fermata. Sono uscita da una indecisione che mi collocava tra quei moderati che dicevano “je suis Charlie” a voce bassa,  per rientrare in un ambito di riflessione a me più consono, meno mortale, ma di dimensioni più vaste. La sensazione che stiamo arrivando all’eliminazione del LIMITE. Soprattutto nella parola e nel dileggio. 

La conferma è arrivata con la storia di Vanessa e di Greta, che pure presenta ombre, è vero, scatena domande e riflessioni, ebbene anche la storia di Greta e Vanessa è stata ed è commentata con toni violenti e oltraggiosi.

La libertà di parola che sconfina nell’offesa più bieca, nella volgarità che fa male. Difficile cercare di arginare il fiume di violenza. Ormai si è perso secondo me il senso del limite. Appunto IL LIMITE
E poi, come un faro nella nebbia, è arrivato stamane Massimo Gramellini, con la sua “Parola Vigliacca”
Condivido parola per parola, lettera per lettera, virgola per virgola.

Non solo!
Mi domando, come è possibile non definire alcune espressioni che si sentono e che si leggono sul web in particolare VIOLENTE?
E se sì, siamo o no d’accordo sul fatto che la violenza verbale tocca e lede a volte anche più di quella fisica? Quella fisica viene punita e quella verbale?

Sul web ho amicizia con persone che stimo. Le stimo per quello che sono, per la loro vita quotidiana, per il loro impegno e la loro moralità, ma quando alcuni di essi “scimmiottano” leader politici che purtroppo hanno farcito il proprio vocabolario di espressioni violente e volgari, ecco quando leggo ciò che questi amici ripetono, pur con tutto il rispetto verso di loro e le loro idee, spesso giuste e sacrosante, vorrei mettere un grosso NON MI PIACE.

E allora mi sono chiesta: Perché non troviamo il coraggio di mettere un NON MI PIACE nei commenti. Ognuno di noi può, se vuole, migliorare il clima sempre più inferocito che ci sta avvolgendo. Dicendo no alla violenza verbale. NON MI PIACE. Semplice. Certo, magari poi ci tolgono l’amicizia… E’ un rischio, ma se ci tolgono l’amicizia vuol dire che non sanno gestire la tanto decantata “libertà di parola”.

Rosa Romano

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