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Beppino Englaro: “Lasciate che la morte accada”

Incontro con il padre di Eluana sull'autodeterminazione terapeutica...

«La battaglia di Beppino Englaro ha agitato un dibattito. Nessuno può negare che ha tracciato un prima e un dopo rispetto alla vicenda dell'autodeterminazione terapeutica e ha tracciato un discrimine tra etica e scienza medica». Con queste parole il vice sindaco Piera Landoni ha dato il via al secondo incontro del ciclo "Donne e…".L'auditorium di via Boccaccio ha ospitato una serata di approfondimento sul delicato tema del fine vita. Ospite d'onore, appunto, Beppino Englaro. Sul palco anche Gianni Zuretti e Cristiano Castelnuovo. Il padre di Eluana ha lottato per anni per il diritto della figlia di rifiutare le cure mediche e «lasciare che la morte accada».

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Beppino Englaro a Cerro Maggiore 4 di 8

Eluana aveva solamente 21 anni quando, la sera del 18 gennaio 1992, rimase coinvolta in un incidente stradale. Da subito le sue condizioni risultarono disperate. L’incidente le causò gravissimi danni al cervello e una frattura alla colonna vertebrale. Quando venne raggiunta dall'ambulanza era già in coma. Portata in ospedale e i medici cercarono in ogni modo di salvarle la vita e rianimarla. Ma niente fu possibile. Eluana era caduta in uno stato vegetativo permanente, «l'esito di una rianimazione finita male».

«Eluana era una ragazza straordinaria, forte, una perla rara. Per lei esistevano solo il bianco e il nero nelle cose, nessun grigio – ha raccontato il padre -. Un anno prima del suo incidente un suo caro amico aveva vissuto una situazione simile a quella che poi avrebbe provato lei. Eluana ci disse: "Non a me, ricordatelo". La stessa volontà la aveva espressa più volte parlando con i suoi amici, tant'è che in ospedale, la notte dell'incidente, prima di noi genitori arrivò una sua amica. La prima cosa che lei pensò quando seppe delle condizioni di Eluana fu proprio chiedersi cosa Eluana avrebbe voluto per sè. Per Eluana la vita era libertà di vita, non condanna a vivere».

Non appena i dottori comunicarono ai genitori le condizioni critiche della figlia, gli Englaro non ebbero dubbi: Eluana non avrebbe voluto niente di tutto ciò. Eppure i medici si rifiutarono di interrompere le cure, fino alla morte celebrale. «Eluana non avrebbe mai concesso che altri avessero disposto della sua vita – ha spiegato Englaro -. Lo stato vegetativo permanente non esiste in natura: è imposta dalla medicina, è l'esito di una rianimazione andata male. A noi, già nel 1992 pareva ovvio che Eluana avesse voce circa la sua autodeterminazione terapeutica. La risposta di Eluana alle cure a oltranza sarebbe stata "no grazie, lasciate che la morte accada"».

Da allora anni di processi – non ancora chiusi-, sentenze della magistratura italiana e della Corte Europea, manifestazioni sociali e discussioni politiche. La sentenza definitiva della cassazione arrivò solo nel 2007, a 15 anni da quella terribile notte del 18 gennaio 1992. «La Cassazione fece presente che l'autodeterminazione terapeutica non può trovare un limite, neanche se questa dovesse portare alla morte». La sera del 9 febbraio 2009 Eluana morì dopo l'interruzione dell'alimentazione artificiale e 17 anni di stato vegetativo.

La sua storia, oltre a portare alla luce un tema tanto importante quanto delicato e personale, ha ispirato diversi artisti del cinema, del teatro, della musica e dei fumetti. E proprio la graphic novel "6233 giorni" è stato il punto di partenza per discutere dell'argomento. «Noi non abbiamo mai precluso a nessuna forma d'arte di parlare della nostra storia – ha commentato Beppino Englaro -. Il fumetto, in particolare, è un modo di arrivare a tutti, un mezzo di comunicazione attualissimo».

«Tutti gli applausi vanno a Eluana – ha concluso suo padre -. Noi abbiamo fatto solamente quanto necessario per dare voce a una persona così eccezionale e rara».

Redazione
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Pubblicato il 22 Ottobre 2016
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